Riporto un interessante intervento di Cesare Geronzi sul ruolo del banchiere.
"Mi soffermerò ora sul secondo "punto cardinale".
Alla banca non potrebbe competere un ruolo cruciale nella allocazione di risorse di importanza strategica per la crescita di un'economia se le decisioni del banchiere non fossero assunte in condizioni di autonomia.
La individuazione nella banca di funzioni di rilevanza sociale - che del resto trova ampi riscontri nella storia della banca attraverso i secoli - poco o nulla ha a che vedere con la formazione in Italia delle grandi banche pubbliche.
Dopo la crisi degli anni '30 il modello della "banca pubblica" è andato consolidandosi nell'Europa continentale, essenzialmente come la forma di "governance" più opportuna per garantire un'allocazione del credito tutelata dalle interferenze della grandi imprese.
In quella fase, come noto, il caso italiano presentava specifiche condizioni di fragilità del tessuto economico, una rilevante concentrazione del capitale industriale e una modesta presenza di capitale finanziario; esperienze ancora brucianti di quella che era stata chiamata "mostruosa fratellanza siamese" fra banca e industria.
Cogliendo le testimonianze di Menichella, si può dire che per conservare al Paese un meccanismo di allocazione delle risorse essenziale, lo Stato dovette "improvvisarsi" banchiere e ciò avvenne più per costrizione che per scelta, di fronte alla manifesta inferiorità della finanza privata.
Sul filo del nostro ragionamento, ciò che importa, in questo caso, non è la "rilevanza sociale" dell'attività, bensì l'affermazione del valore dell'"autonomia" della banca, tutelato in una certa fase attraverso la proprietà pubblica.
Tale valore implica che il credito debba erogarsi secondo parametri rigorosamente finanziari, senza interferenze imprenditoriali, settoriali o, più in generale, delle politiche.
L'autonomia, in sostanza, è il presidio principale dell'efficienza allocativa delle banche, che a sua volta contribuisce all'efficienza complessiva dell'economia.
L'autonomia è nel patrimonio genetico del sistema bancario italiano. Il principio di separatezza banca industria, che storicamente con la legge bancaria del1936 si era contrapposto alla principale causa di instabilità e inefficienza del sistema precedente, è rimasto fermo nell'ordinamento, pur nel vigoroso processo evolutivo che ha condotto al Testo Unico.
Ma l'autonomia, per il banchiere non è stata e non è solo autonomia dalle imprese non finanziarie. E' stata - in larga misura - anche indipendenza dalla politica economica, quando il paradigma dell'economia mista, la cultura dominante e il modello della banca pubblica non configuravano le condizioni migliori per un esercizio dell'autonomia.
Oggi, a mio giudizio, l'autonomia del banchiere deve configurarsi anche in dimensioni ulteriori. In una società per azioni quotata essa è finalizzata alla creazione di valore per gli azionisti.
Il manager non può però trascurare gli altri portatori di interessi coinvolti nell'azienda bancaria, i cosiddetti stakeholder: clienti, imprese, dipendenti, istituzioni del territorio in cui opera, ognuno con i suoi bisogni, i suoi valori, i suoi sistemi di pressione.
Questo non solo perchè la specialità della banca in qualche modo legittima un coinvolgimento più intenso degli stakeholder, ma anche perchè quella stessa "specialità" comporta un legame più stretto fra le prospettive di lungo termine della banca e le attese di soddisfazione e sviluppo dell'intera area che include gli stakeholder.
Questa dimensione dell'autonomia comporta per il banchiere un esercizio di equilibrio fra legittimi interessi, tavolta anche contrapposti.
Sono del resto noti taluni episodi - peraltro lungi dall'essere esclusivi al mondo bancario - in cui l'equilibrio del management è stato compromesso da pressioni indebite, volte a far prevale, su quelli complessivi della banca, interessi particolari, anche celati nel gruppo degli stessi azionisti.
In sostanza, l'autonomia affida le scelte allocative alla piena responsabilità del banchiere, svincolando dalla più o meno legittime pressioni di questa o quella categoria di stakeholder e allentando, in qualche misura, le tensioni verso il perseguimento di obiettivi di breve termine, che sono spesso in contrasto con un'affermazione più stabile e durevole degli interessi aziendali."
(Lectio Doctoralis di Cesare Geronzi in occasione del Conferimento laurea honoris causa in Economia e Commercio da parte dell'Università degli Studi di Bari)
venerdì 15 maggio 2009
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