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lunedì 17 novembre 2014

Mps: Viola, servirebbe un investitore strategico

 "La mancanza di un investitore strategico - ha detto Fabrizio Viola - rende difficile la condivisione di un percorso con un orizzonte piu' lungo". L'amministratore delegato di MPS ha fatto questa dichiarazione durante un convegno su governance e compliance organizzato dallo studio legale Clifford Chance e da Il Sole 24 Ore.
Viola ha ricordato come la banca senese sia uscita dell'ultimo aumento di capitale con "un capitale molto frazionato e con investitori che se va bene hanno una visione a medio termine". Un potenziale limite per la banca perche' il settore si trova "alla vigilia di una profonda trasformazione come la metallurgia negli anni Ottanta". "La trasformazione - ha aggiunto - implica investitori che abbiano una view non solo da qua a un anno, ma che abbiano un orizzonte temporale per vedere la trasformazione". Quanto tempo serve? "La trasformazione non ha bisogno di decenni, ma di qualche anno".

lunedì 27 ottobre 2014

Mps crolla in Borsa e valuta l'ipotesi di fusione

MPS, dopo la pesante bocciatura negli stress test della Bce, crolla in Borsa.
Il titolo è sospeso a -20% teorico. Per i grandi quotidiani economici, la banca è la più problematica d'Europa. L'amministratore delegato Viola ha ammesso che il cda sta valutando anche l'ipotesi di fusione, smentendo qualsiasi altra rischiesta di aiuti di Stato. Secondo la Bce, Mps avrebbe bisogno di una ricapitalizzazione di 2,1 miliardi di euro.

lunedì 4 novembre 2013

Mps: prepariamoci alla svendita o a un nuovo ‘pateracchio’


Sul Fatto Quotidiano seguiamo ancora le vicende e i possibili sviluppo di MPS...

Mps è in corsa contro il tempo. Entro la fine del 2014 deve riuscire a raccogliere 2,5 miliardi di euro con un aumento di capitale. L’alternativa è la nazionalizzazione.
L’aumento di capitale serve infatti per rimborsare (in parte) i 4 miliardi di euro prestati dal Tesoro italiano con la sottoscrizione dei “Monti-bond”. In sostanza, se Montepaschi non inizia a restituire il prestito, lo stato converte i bond in azioni e diventa il maggiore azionista della banca.

Un percorso a marce forzate previsto dal piano di ristrutturazione della banca, reso noto il 7 ottobre, che è stato in pratica dettato dalla Commissione Europea.

Il presidente di Mps Alessandro Profumo sta cercando in tutti i modi di convincere nuovi investitori che potrebbero aderire all’aumento di capitale. Nell’assemblea straordinaria del 18 luglio è stato abolito il tetto del 4% al possesso azionario nel capitale della banca senese, previsto per gli azionisti diversi dalla Fondazione Montepaschi e ora i giochi sono più che mai aperti.

La Fondazione è ancora ufficialmente l’azionista di controllo, con il 33,5%, ma la sua importanza è destinata a ridursi progressivamente, visto che sarà costretta a cedere le sue azioni per ripagare il debito residuo di 350 milioni di euro che ha con dodici banche (alle quali la Fondazione ha già dato in pegno le azioni).

Ma chi prenderà il posto della Fondazione? A questa domanda, per ora, nessuno è in grado di rispondere. Si parla di ipotetici soci stranieri, forse russi, addirittura indiani, che avrebbero incontrato il presidente Profumo, ma non sembra siano in corso trattative.

Per l’ex sindaco di Siena e manager di Mps Pierluigi Piccini, alla fine la nazionalizzazione potrebbe essere l’unica strada possibile. Piccini ha lanciato l’idea di un accordo tra Mps e BancoPosta, che potrebbe avere la Cassa Depositi e Prestiti come garante. “In effetti – spiega Piccini – BancoPosta colloca già prodotti di altre banche”. Un’idea che non dispiacerebbe a Yoram Gutgeld, deputato Pd e consigliere economico di Matteo Renzi, sentito dal mensile Valori. “Un’ipotesi di fusione con BancoPosta potrebbe avere un senso” – ha spiegato Gutgeld. “BancoPosta è un soggetto che fa raccolta di risparmio e attività retail. E’ un soggetto bancario dello stesso settore di Mps”.

A Roma, intanto, sembra che nessuno abbia un’idea su un possibile piano di nazionalizzazione nel caso l’aumento di capitale si trasformasse in un flop – come molti temono. Al momento un esecutivo debole, schiacciato dai vincoli europei sul budget e dall’agenda economica del Pdl è costretto a subire i diktat di Bruxelles su Mps e non sembra avere alcuna visione sul futuro della terza e più antica banca italiana. 

Alla fine potremmo essere costretti ad assistere a una nuova svendita, con un socio straniero (magari la solita banca francese) che si porterebbe a casa Mps per quattro soldi. Oppure all’ennesimo pateracchio all’italiana, con l’iniezione di nuovo capitale pubblico per tappare buchi, sperando in un domani migliore. A meno che qualcuno, dalle parti del ministero dell’Economia, non inizi a pensare a un piano B. Prima che sia troppo tardi.

giovedì 26 settembre 2013

Profumo (Mps), pronti a modificare il piano industriale

Milano Finanza ci mostra che MPS sembra pronta a modificare il proprio piano industriale.

Il management di Monte dei Paschi è disponibile a modificare il piano industriale 2013-2017, imposto dalla Commissione europea per il via libera definitivo ai 4,07 miliardi di euro di Monti bond, nell'interesse della banca e dell'Italia. Ieri il cda di Rocca Salimbeni ha deciso di rinviare l'approvazione del piano e stamani la Commissione Ue ha spiegato che ci sono ancora aspetti da chiarire.

Così, in un'audizione parlamentare il presidente di Mps, Alessandro Profumo, ha annunciato di essere "a disposizione del ministero e della Commissione Ue per apportare tutte le modifiche necessarie nell'interesse di tutti, della banca e del Paese, per arrivare alla definizione di questo processo".

Pur ritenendo di aver fatto tutto quanto necessario e opportuno, Profumo ha sottolineato che, se la Commissione europea dovesse richiedere ulteriori elementi, "li affronteremo con il medesimo spirito" e ha aggiunto di non avere, come banca Mps, "eccezioni da sollevare" in merito agli stipendi dei manager.

Secondo alcune fonti la questione pendente tra l'Unione europea e le autorità italiane riguarda ancora i livelli di retribuzione dei manager, un tema discusso già la scorsa settimana tra il commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, e il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni.

Il mercato è ansioso di conoscere i dettagli del piano industriale per capire se Mps riuscirà a ripagare gli aiuti di Stato senza rischiare la nazionalizzazione. E' in programma un altro consiglio di amministrazione della banca a metà ottobre che però secondo una fonte, citata dall'agenzia Reuters, potrebbe essere anticipato "se arriva un documento dal ministero che permetta al presidente Profumo di convocare un consiglio di urgenza monotematico sul piano".

Per questo lo stesso presidente oggi ha passato la palla in merito al timing di un nuovo cda: "non dipende da noi". A seguito delle dichiarazioni di Profumo il titolo Mps si è rafforzato a Piazza Affari, ora passa di mano a quota 0,2123 euro e sale dell'1,34%.

giovedì 31 maggio 2012

Banche deboli sia a Piazza Affari che in tutta Europa

Il sottoindice eurostoxx 600 del comparto arretra dell'1,6%.
Gli investitori dubitano della solidita' degli istituti europei dopo che nei giorni scorsi la spagnola Bankia ha suonato il campanello d'allarme affermando di avere bisogno di 19 miliardi.
Per quanto riguarda Milano le banche risentono oggi di una nuova impennata dello spread, arrivato a 469 punti.
I principali istituti detengono infatti grandi quantita' di titoli di stato e risultano quindi fortemente penalizzati dalla performance negativa dei bond governativi. Cosi' Unicredit cede l'1,38%, Ubi lo 0,63%, Mediobanca il 2,3%, Intesa Sanpaolo l'1,5%, Bper il 3,68%, Mps lo 0,79% e Banco Popolare il 2,1%.

Allo stato attuale la capitalizzazione di tutte le banche che fanno parte del Ftse Mib e' inferiore ai 40 miliardi di euro. Tutte insieme le principali banche italiane valgono solo circa 39,6 miliardi. Quasi quanto la casa tedesca Bmw (41,1 miliardi)

mercoledì 2 febbraio 2011

Mediobanca parla straniero

Per Mediobanca, l'istituto guidato da Alberto Nagel, si può dire sia la seconda «svolta» strategica, anche se a ben vedere si tratta di due facce della stessa medaglia. La prima è stata riassunta nello «slogan» meno holding, più banca d’affari. Il secondo passaggio si può invece indicare in sintesi con due cifre: il 50% circa del portafoglio clienti della banca è ormai costituito da soggetti non italiani e il 30% dei ricavi della componente più «core», il corporate e investment banking è «prodotto» dalle sedi estere.

Il cammino
Una svolta tanto più significativa se si pensa che la proiezione internazionale di Piazzetta Cuccia è cominciata nel 2004 e i ricavi oltre confine sono passati da quota praticamente zero, 40 milioni, agli attuali 250-300. E che nelle sedi estere Mediobanca è attualmente presente con 12 persone a Parigi, 20 a Francoforte, 22 a Madrid e una sessantina a Londra. Solo qualche anno fa la banca d’affari fondata da Enrico Cuccia era senza dubbio l’incontrastato numero uno, custode degli assetti del grande capitale italiano, ma era praticamente «solo» domestica. Cuccia aveva creato un network di relazioni personali e partecipazioni che negli anni ha avuto per protagonisti Lehman e Lazard. Ma il grande banchiere non ha dato all’istituto stabili basi estere. Probabilmente perché la missione della banca era concentrata sul business ma anche (o soprattutto) sul ruolo di holding, cassaforte di partecipazioni e assetti, e comunque gli orizzonti stessi del nostro capitalismo erano più italocentrici.
Con il passaggio del testimone alla «generazione» successiva, quindi a partire dal 2003-2004 e da quando cioè il timone è passato ad Alberto Nagel, Mediobanca ha aperto e rafforzato progressivamente sedi all’estero: a Parigi nel 2004; nel 2007 a Francoforte e quindi a Madrid (con il banchiere d’affari Borja Prado); nel 2008 a Londra, prima con la piattaforma di prodotti capital market, poi anche con il team di ricerca sulle banche europee guidato da Antonio Guglielmi, ex analista top di Merrill Lynch. Uno sviluppo graduale e simile a quello seguito da diverse banche d’affari anglosassoni, che si sono mosse partendo dalla base domestica e procedendo non attraverso matrimoni o acquisizioni, che nell’investment banking sono considerate complesse perché il fattore umano è prevalente, bensì aprendo sedi proprie, «acquistando sul luogo professionisti.
L’ultimo passo compiuto in ordine di tempo è stato il rafforzamento in Germania (mentre l’annunciato investimento nel capitale di una banca da costituire a Tunisi è stato ovviamente sospeso dopo che la situazione del Paese è precipitata). All’inizio di quest’anno Piazzetta Cuccia, che nel 2009 aveva «guardato» a una parte delle attività di investment banking e corporale della banca privata SaI Oppenheim, e aveva deciso di non procedere perché il perimetro dell’offerta (che comprendeva anche l’attività dei derivati) non corrispondeva più alla prudente strategia di crescita, ha rafforzato la sede di Francoforte con tre «acquisti» da Rothschild: Adam Bolek (che in qualità di managing director riferisce al responsabile della sede Frank Schönherr), Steffen Geisler e Jens Krane.

La Crescita
Con l’apertura delle sedi estere è ovviamente cresciuto il contributo ai ricavi della componente più «core» della banca d’affari, il cosiddetto Cib, cioè il corporate & investment banking: se nel 2004 la percentuale internazionale era praticamente pari a zero e nel 2005 si attestava al 3%, già nel 2008 era pari al 10%, neI 2010 è più che raddoppiata (su un totale di ricavi dell’area pari a poco più di un miliardo), infine le stime per il 2011 indicano la quota cresciuta al 30%, pari a circa 300 milioni. Ecco così che Piazzetta Cuccia in Spagna è terza nella classifica delle operazioni completate e figura come advisor in deal di rilievo per i maggiori gruppi presenti, come Enel Green Power, Telefonica, Endesa, Sacyr, Abertis; in Germania ha seguito tra le altre operazioni l’acquisizione di Kamps da parte di un gruppo di investitori; in Francia è presente accanto a Gdf e France Telecom o in deal cross border come Beni Stabili con Foncière de Région; ed è al 21esimo posto in Gran Bretagna, terreno «duro» per le attività di M&A delle banche d’affari non residenti nella City.

("Piazzetta Cuccia. L'internazionale" di Sergio Bocconi, Corriere della Sera - Corriere Economia, pag. 3, 31 Gennaio 2011)

mercoledì 7 ottobre 2009

Generali: Caltagirone sfiora il 2%

Francesco Gaetano Caltagirone e Cesare GeronziContinuano i movimenti di Francesco Gaetano Caltagirone che con un ulteriore acquisto di 525 mila azioni Generali (pari allo 0,07% del capitale) per poco meno di 9,37 milioni di euro si è ormai portato all’1,98% nel capitale del leone di Trieste. L’operazione è avvenuta in tre riprese tra il 15 e il 18 settembre scorsi, a prezzi compresi tra 17,756 e 17,843 euro e ricorda come importi le operazioni effettuate lo scorso agosto quando con due operazioni si era assicurato 438 mila titoli investendo circa 6,9 milioni.
Caltagirone, come è noto, è vicepresidente di Mps (di cui è azionista al 3,9%) e socio con le stesse Generali in alcuni affari come la trattativa relativa alla cessione degli immobili strumentali dello stesso gruppo senese (circa 500 in tutto, valutati nel complesso 1,4 miliardi di euro, per il 49% dei quali il gruppo romano e quello triestino avrebbero presentato un’offerta congiunta).
Caltagirone considera da sempre Generali un investimento in cui riporre fiducia. Amore ricambiato, del resto, visto che Caltagirone è anche nel comitato esecutivo di Generali, di cui è consigliere.
(fonte Affaritaliani)

venerdì 24 luglio 2009

MPS: 15 sportelli a Banca Popolare di Puglia e Basilicata

Banca Monte dei Paschi di Siena e Banca Popolare di Puglia e Basilicata (BPPB) hanno firmato un accordo per la cessione di un lotto di 15 sportelli del Gruppo Montepaschi alla BPPB, di cui 7 in Lombardia, 6 in Piemonte e 2 nel Lazio, in linea con il programma di asset disposal e le indicazioni dell’Antitrust.
BPPB ha acquisito il lotto ad un prezzo di 73,5 milioni di euro, corrispondente ad un multiplo della Raccolta Totale del Ramo d’Azienda pari all’11,2 %. Sulla base del prezzo concordato, sono previsti una plusvalenza (al lordo dell’effetto fiscale) di 46 milioni di euro e un beneficio al tier 1 Ratio, connesso anche alla liberazione di RWA, quantificabile in +5 bps circa, in linea con quanto atteso dal programma di dismissione degli sportelli.

venerdì 22 maggio 2009

Nasce Prima sgr, joint fra Clessidra e Mps: "Presto aggregazioni"

E' stata presentata ieri Prima sgr, la joint venture fra Clessidra (67 %) e Mps (33 %) nel risparmio gestito.

"Partiamo da una massima critica amministrata significativa, circa 20 miliardi. Non siamo piccoli, ma vogliamo crescere ancora, sia per linee interne che per aggregazioni" ha dichiarato Claudio Sposito, presidente di Clessidra.

Secondo Il Messaggero, sul tavolo ci sarebbe già il primo dossier concreto: Arca, società di asset management di proprietà del Banco Popolare (28,3 %), Ubi (26,7 %), Bpm (20,2 %), Popolare di Vicenza (10,9 %), Popolare di Sondrio (5,9 %) e altre banche minori.
Ubi e Vicenza vogliono disimpegnarsi e in vendita ci sarebbe una quota complessiva del 36,6 %.
Ma Clessidra dovrà vedersela con altri pretendenti: Banca Leonardo, Caam (Calyon) e il fondo 3i. Il riassetto è comunque ancora alle prime battute e l'arrivo di un partner dovrà fare i conti con gli accordi da stipulare con le altre popolari, specie per quanto riguarda la distribuzione dei prodotti.

mercoledì 6 maggio 2009

Partecipazioni Mps: Intesa Sanpaolo non è strategica, Mediobanca si

La partecipazione dello 0,42% in Intesa Sanpaolo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena "non è strategica": lo ha detto Gabriello Mancini, presidente della Fondazione, nel corso della conferenza stampa di presentazione del bilancio 2008 dell'ente. "Non è un investimento che riteniamo strategico - ha aggiunto - finora ha dato ottimi risultati, vediamo cosa succede". Per il direttore generale Marco Parlangeli è necessario "vedere come va il mercato" riguardo alla quota in Intesa, mentre invece quella nella Mediobanca di Cesare Geronzi (1,93%) "rimane una partecipazione strategica".
(da Apcom)