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lunedì 4 novembre 2013
Mps: prepariamoci alla svendita o a un nuovo ‘pateracchio’
Sul Fatto Quotidiano seguiamo ancora le vicende e i possibili sviluppo di MPS...
Mps è in corsa contro il tempo. Entro la fine del 2014 deve riuscire a raccogliere 2,5 miliardi di euro con un aumento di capitale. L’alternativa è la nazionalizzazione.
L’aumento di capitale serve infatti per rimborsare (in parte) i 4 miliardi di euro prestati dal Tesoro italiano con la sottoscrizione dei “Monti-bond”. In sostanza, se Montepaschi non inizia a restituire il prestito, lo stato converte i bond in azioni e diventa il maggiore azionista della banca.
Un percorso a marce forzate previsto dal piano di ristrutturazione della banca, reso noto il 7 ottobre, che è stato in pratica dettato dalla Commissione Europea.
Il presidente di Mps Alessandro Profumo sta cercando in tutti i modi di convincere nuovi investitori che potrebbero aderire all’aumento di capitale. Nell’assemblea straordinaria del 18 luglio è stato abolito il tetto del 4% al possesso azionario nel capitale della banca senese, previsto per gli azionisti diversi dalla Fondazione Montepaschi e ora i giochi sono più che mai aperti.
La Fondazione è ancora ufficialmente l’azionista di controllo, con il 33,5%, ma la sua importanza è destinata a ridursi progressivamente, visto che sarà costretta a cedere le sue azioni per ripagare il debito residuo di 350 milioni di euro che ha con dodici banche (alle quali la Fondazione ha già dato in pegno le azioni).
Ma chi prenderà il posto della Fondazione? A questa domanda, per ora, nessuno è in grado di rispondere. Si parla di ipotetici soci stranieri, forse russi, addirittura indiani, che avrebbero incontrato il presidente Profumo, ma non sembra siano in corso trattative.
Per l’ex sindaco di Siena e manager di Mps Pierluigi Piccini, alla fine la nazionalizzazione potrebbe essere l’unica strada possibile. Piccini ha lanciato l’idea di un accordo tra Mps e BancoPosta, che potrebbe avere la Cassa Depositi e Prestiti come garante. “In effetti – spiega Piccini – BancoPosta colloca già prodotti di altre banche”. Un’idea che non dispiacerebbe a Yoram Gutgeld, deputato Pd e consigliere economico di Matteo Renzi, sentito dal mensile Valori. “Un’ipotesi di fusione con BancoPosta potrebbe avere un senso” – ha spiegato Gutgeld. “BancoPosta è un soggetto che fa raccolta di risparmio e attività retail. E’ un soggetto bancario dello stesso settore di Mps”.
A Roma, intanto, sembra che nessuno abbia un’idea su un possibile piano di nazionalizzazione nel caso l’aumento di capitale si trasformasse in un flop – come molti temono. Al momento un esecutivo debole, schiacciato dai vincoli europei sul budget e dall’agenda economica del Pdl è costretto a subire i diktat di Bruxelles su Mps e non sembra avere alcuna visione sul futuro della terza e più antica banca italiana.
Alla fine potremmo essere costretti ad assistere a una nuova svendita, con un socio straniero (magari la solita banca francese) che si porterebbe a casa Mps per quattro soldi. Oppure all’ennesimo pateracchio all’italiana, con l’iniezione di nuovo capitale pubblico per tappare buchi, sperando in un domani migliore. A meno che qualcuno, dalle parti del ministero dell’Economia, non inizi a pensare a un piano B. Prima che sia troppo tardi.
giovedì 26 settembre 2013
Profumo (Mps), pronti a modificare il piano industriale
Milano Finanza ci mostra che MPS sembra pronta a modificare il proprio piano industriale.
Il management di Monte dei Paschi è disponibile a modificare il piano industriale 2013-2017, imposto dalla Commissione europea per il via libera definitivo ai 4,07 miliardi di euro di Monti bond, nell'interesse della banca e dell'Italia. Ieri il cda di Rocca Salimbeni ha deciso di rinviare l'approvazione del piano e stamani la Commissione Ue ha spiegato che ci sono ancora aspetti da chiarire.
Così, in un'audizione parlamentare il presidente di Mps, Alessandro Profumo, ha annunciato di essere "a disposizione del ministero e della Commissione Ue per apportare tutte le modifiche necessarie nell'interesse di tutti, della banca e del Paese, per arrivare alla definizione di questo processo".
Pur ritenendo di aver fatto tutto quanto necessario e opportuno, Profumo ha sottolineato che, se la Commissione europea dovesse richiedere ulteriori elementi, "li affronteremo con il medesimo spirito" e ha aggiunto di non avere, come banca Mps, "eccezioni da sollevare" in merito agli stipendi dei manager.
Secondo alcune fonti la questione pendente tra l'Unione europea e le autorità italiane riguarda ancora i livelli di retribuzione dei manager, un tema discusso già la scorsa settimana tra il commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, e il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni.
Il mercato è ansioso di conoscere i dettagli del piano industriale per capire se Mps riuscirà a ripagare gli aiuti di Stato senza rischiare la nazionalizzazione. E' in programma un altro consiglio di amministrazione della banca a metà ottobre che però secondo una fonte, citata dall'agenzia Reuters, potrebbe essere anticipato "se arriva un documento dal ministero che permetta al presidente Profumo di convocare un consiglio di urgenza monotematico sul piano".
Per questo lo stesso presidente oggi ha passato la palla in merito al timing di un nuovo cda: "non dipende da noi". A seguito delle dichiarazioni di Profumo il titolo Mps si è rafforzato a Piazza Affari, ora passa di mano a quota 0,2123 euro e sale dell'1,34%.
Il management di Monte dei Paschi è disponibile a modificare il piano industriale 2013-2017, imposto dalla Commissione europea per il via libera definitivo ai 4,07 miliardi di euro di Monti bond, nell'interesse della banca e dell'Italia. Ieri il cda di Rocca Salimbeni ha deciso di rinviare l'approvazione del piano e stamani la Commissione Ue ha spiegato che ci sono ancora aspetti da chiarire.
Così, in un'audizione parlamentare il presidente di Mps, Alessandro Profumo, ha annunciato di essere "a disposizione del ministero e della Commissione Ue per apportare tutte le modifiche necessarie nell'interesse di tutti, della banca e del Paese, per arrivare alla definizione di questo processo".
Pur ritenendo di aver fatto tutto quanto necessario e opportuno, Profumo ha sottolineato che, se la Commissione europea dovesse richiedere ulteriori elementi, "li affronteremo con il medesimo spirito" e ha aggiunto di non avere, come banca Mps, "eccezioni da sollevare" in merito agli stipendi dei manager.
Secondo alcune fonti la questione pendente tra l'Unione europea e le autorità italiane riguarda ancora i livelli di retribuzione dei manager, un tema discusso già la scorsa settimana tra il commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, e il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni.
Il mercato è ansioso di conoscere i dettagli del piano industriale per capire se Mps riuscirà a ripagare gli aiuti di Stato senza rischiare la nazionalizzazione. E' in programma un altro consiglio di amministrazione della banca a metà ottobre che però secondo una fonte, citata dall'agenzia Reuters, potrebbe essere anticipato "se arriva un documento dal ministero che permetta al presidente Profumo di convocare un consiglio di urgenza monotematico sul piano".
Per questo lo stesso presidente oggi ha passato la palla in merito al timing di un nuovo cda: "non dipende da noi". A seguito delle dichiarazioni di Profumo il titolo Mps si è rafforzato a Piazza Affari, ora passa di mano a quota 0,2123 euro e sale dell'1,34%.
lunedì 17 gennaio 2011
Carmine Lamanda, il nuovo assessore al bilancio di Roma

"L'esperienza per gestire un bilancio complesso, anzi complicato da anni di gestione poco rispettosa dei principi contabili, non gli manca. Carmine Lamanda, quasi sconosciuto al grande pubblico, è uomo che ha passato la sua vita professionale a occuparsi di economia, banche e numeri. Nasce a Salerno nel 1941, ma la sua formazione giovanile si svolge in gran parte in terra d'Abruzzo. Il padre, cancelliere in Tribunale viene trasferito a Ortona in provincia di Chieti e a Pescara prende la maturità classica. Con il titolo in tasca Lamanda segue le orme del padre: vince il concorso per la carriera di cancelliere e la sua prima sede di lavoro è Perugia. Lì affiancando lo studio al lavoro si laurea in Giurisprudenza. Ed a quel punto, alla fine degli anni '60, che tenta con successo la carriera nella Banca d'Italia. Muove i primi passi nella filiale di Teramo poi è chiamato a Roma, nella sede centrale. La carriera a Palazzo Koch comincia nel settore della Vigilanza del sistema creditizio. Consolidata la sua esperienza nei controlli bancari, è incaricato dal Governatore Paolo Baffi e, successivamente, dal Governatore Carlo Azeglio Ciampi di ridisegnare la normativa relativa al settore del credito. In questa veste, Lamanda lavora a stretto contatto con l'allora ministro del Tesoro Giuliano Amato partecipando alla riforma della banca pubblica mentre, nel 1993, collabora alla definizione del Nuovo Testo Unico Bancario, approvato dal Governo Ciampi. Testi legislativi che consentiranno l'ammodernamento di un sistema bancario che fino agli anni '90 si presentava come una «foresta pietrificata». E che di fatto chiudono l'era delle Banche di interesse nazionale, le cosiddette Bin, a vantaggio di istituti di credito che agiscono come società per azioni sul mercato. Un altro passaggio fondamentale arriva nel 1994. Lamanda è distaccato presso il Ministero del Tesoro dove Lamberto Dini, gli conferisce l'incarico di Capo di Gabinetto. Poi nel 1997, il ritorno nell'alveo bancario. Il presidente Cesare Geronzi lo incarica di seguire le strategie del Gruppo Capitalia e con Giorgio Brambilla, all'epoca ad, la ristrutturazione dei costi. Dal 2002 ha ricoperto l'incarico di condirettore denerale di Capitalia. Ed è con questo ruolo che gestisce la delicata fusione del gruppo bancario romano con la Unicredit allora guidata da Alessandro Profumo. A Piazza Cordusio nel 2007 è nominato vice presidente. Da ieri la nuova sfida: il controllo e la supervisione di un bilancio che vale quanto quello di una grande impresa italiana."
(Il tempo)
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venerdì 8 ottobre 2010
Cesare Geronzi - i nuovi progetti per Generali
Cesare Geronzi, dopo cinque mesi alla presidenza di Generali, coltiva l’ambizione di un gruppo che continui l’espansione estera, magari in paesi in cui finora il Leone è poco presente (per esempio in Sudamerica, oltre a Cina e India dove il gruppo di Trieste è già presente), e sia pure perno e propulsore in Italia di operazioni profittevoli e con ricadute sistemiche.
E’ il caso del recente via libera al piano di housing sociale con la Cassa depositi e prestiti, controllata al 70 per cento dal Tesoro.
L’aspirazione di Cesare Geronzi è comunque quella di lasciare un segno. Per questo, dopo una fase di studio preliminare, sta imprimendo un ritmo serrato a vecchi e nuovi comitati interni dopo una “fase di rallentamento” della precedente presidenza: il cda si riunisce una volta ogni mese e mezzo, il comitato esecutivo ogni mese, è stato istituito il comitato investimenti e a breve — racconta Cesare Geronzi - i consulenti della Boston Consulting consegneranno uno studio per rivedere la struttura organizzativa del gruppo. Inoltre, si è dato vita a periodiche riunioni con i manager di vertice in una sorta di informale Comitato di presidenza.
Quando Cesare Geronzi dice di “voler lasciare il segno” intende anche una funzione culturale del Leone. Il banchiere sta “rivitalizzando” la Fondazione Generali, in sonno per tutta la presidenza di Antoine Bernheim: “Sarà aumentato il patrimonio e sarà costituito un comitato scientifico di altissimo livello per farne uno strumento operativo per le attività legate alla ricerca, alla cultura”.
Riecco il banchiere di sistema? “Non c’è contrasto — risponde Cesare Geronzi— tra rigorosa tutela degli interessi aziendali e attenzione agli interessi generali. Generali con la ‘g’ minuscola”. Avere di mira anche gli interessi collettivi significa compiere operazioni profittevoli, ma a redditività differita. Del resto — chiosa in privato Cesare Geronzi — avete visto l’esito della linea che vuole assegnare al banchiere solo la crescita di valore per gli azionisti nel brevissimo termine? Chissà se è un riferimento indiretto a Profumo.
(da "Cesare Geronzi rivoluziona Generali scrutando le pene di Unicredit", Il Foglio)
E’ il caso del recente via libera al piano di housing sociale con la Cassa depositi e prestiti, controllata al 70 per cento dal Tesoro.
L’aspirazione di Cesare Geronzi è comunque quella di lasciare un segno. Per questo, dopo una fase di studio preliminare, sta imprimendo un ritmo serrato a vecchi e nuovi comitati interni dopo una “fase di rallentamento” della precedente presidenza: il cda si riunisce una volta ogni mese e mezzo, il comitato esecutivo ogni mese, è stato istituito il comitato investimenti e a breve — racconta Cesare Geronzi - i consulenti della Boston Consulting consegneranno uno studio per rivedere la struttura organizzativa del gruppo. Inoltre, si è dato vita a periodiche riunioni con i manager di vertice in una sorta di informale Comitato di presidenza.
Quando Cesare Geronzi dice di “voler lasciare il segno” intende anche una funzione culturale del Leone. Il banchiere sta “rivitalizzando” la Fondazione Generali, in sonno per tutta la presidenza di Antoine Bernheim: “Sarà aumentato il patrimonio e sarà costituito un comitato scientifico di altissimo livello per farne uno strumento operativo per le attività legate alla ricerca, alla cultura”.
Riecco il banchiere di sistema? “Non c’è contrasto — risponde Cesare Geronzi— tra rigorosa tutela degli interessi aziendali e attenzione agli interessi generali. Generali con la ‘g’ minuscola”. Avere di mira anche gli interessi collettivi significa compiere operazioni profittevoli, ma a redditività differita. Del resto — chiosa in privato Cesare Geronzi — avete visto l’esito della linea che vuole assegnare al banchiere solo la crescita di valore per gli azionisti nel brevissimo termine? Chissà se è un riferimento indiretto a Profumo.
(da "Cesare Geronzi rivoluziona Generali scrutando le pene di Unicredit", Il Foglio)
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martedì 5 ottobre 2010
Cesare Geronzi rivoluziona Generali e si preoccupa per Unicredit
Cesare Geronzi, come presidente delle Generali, è concentrato su strategie e riorganizzazione del Leone. Come osservatore e navigato uomo di finanza è preoccupato per la governance di qualche grande banca…
"Cesare Geronzi in queste ore, da spettatore interessato, non si meraviglia della soluzione interna scelta da Unicredit e la considera una strada bene intrapresa. Nelle conversazioni private, comunque, sottolinea due aspetti. Da un lato, l’eclissi dei manager che avevano come principio e fine di ogni operazione l’ossessione stile McKinsey per la “creazione di valore”. Dall’altro lato, i problemi di governance che le banche — Unicredit è solo un caso, il più appariscente — possono avere. Evidentemente il combinato disposto di crescita esterna tumultuosa e di adeguamenti degli assetti interni a norme e regolamenti ha prodotto effetti che vanno governati."
(da "Cesare Geronzi rivoluziona Generali scrutando le pene di Unicredit", Il Foglio)
"Cesare Geronzi in queste ore, da spettatore interessato, non si meraviglia della soluzione interna scelta da Unicredit e la considera una strada bene intrapresa. Nelle conversazioni private, comunque, sottolinea due aspetti. Da un lato, l’eclissi dei manager che avevano come principio e fine di ogni operazione l’ossessione stile McKinsey per la “creazione di valore”. Dall’altro lato, i problemi di governance che le banche — Unicredit è solo un caso, il più appariscente — possono avere. Evidentemente il combinato disposto di crescita esterna tumultuosa e di adeguamenti degli assetti interni a norme e regolamenti ha prodotto effetti che vanno governati."
(da "Cesare Geronzi rivoluziona Generali scrutando le pene di Unicredit", Il Foglio)
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venerdì 24 settembre 2010
Giancarlo Galan su Unicredit: c'è accanimento sulle poltrone
Secondo il ministro per l'Agricoltura Giancarlo Galan, intervistato dal Sole 24 Ore a proposito del caso Unicredit-Profumo, c'è "un accanimento furioso" della Lega "per qualunque posto"
"Contesto radicalmente - ha dichiarato Galan - il ruolo eccessivo delle fondazioni bancarie e anche l'idea, che non è solo della Lega ma anche della sinistra, che la politica possa e debba entrare nelle fondazioni e nelle casse di risparmio".
"A me piaceva il primo Bossi - ha spiegato - quello che sosteneva 'nessuno di noi della Lega entrerà mai in un consiglio di amministrazione o in una giunta'".
"Vera o millantata che sia, questa intromissione della politica nella vita di una grande banca mi inquieta più ancora della coda ai gazebo che Profumo e gli altri grandi banchieri fecero per votare alle primarie del Pd".
"Ora - ha concluso - mi pare chiaro che stiamo rischiando una germanizzazione di questa banca che anche nel nord-est ha un peso determinante".
"Contesto radicalmente - ha dichiarato Galan - il ruolo eccessivo delle fondazioni bancarie e anche l'idea, che non è solo della Lega ma anche della sinistra, che la politica possa e debba entrare nelle fondazioni e nelle casse di risparmio".
"A me piaceva il primo Bossi - ha spiegato - quello che sosteneva 'nessuno di noi della Lega entrerà mai in un consiglio di amministrazione o in una giunta'".
"Vera o millantata che sia, questa intromissione della politica nella vita di una grande banca mi inquieta più ancora della coda ai gazebo che Profumo e gli altri grandi banchieri fecero per votare alle primarie del Pd".
"Ora - ha concluso - mi pare chiaro che stiamo rischiando una germanizzazione di questa banca che anche nel nord-est ha un peso determinante".
mercoledì 22 settembre 2010
Tronchetti Provera: no comment sui fatti italiani all'estero
"Non parlo di cose italiane all'estero".
E' la risposta di Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli e membro dell'advisory committee della Libyan Investment Authority a chi gli chiedeva un commento sulla vicenda Unicredit dopo l'aumento della partecipazione dei soci arabi e le dimissioni dell'amministratore delegato Alessandro Profumo.
"Siamo in Turchia - ha detto parlando in conferenza stampa alla presentazione della Fabbrica dei Campioni, dedicata alla produzione di pneumatici da F1 - e parliamo di quello che facciamo in Turchia".
E' la risposta di Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli e membro dell'advisory committee della Libyan Investment Authority a chi gli chiedeva un commento sulla vicenda Unicredit dopo l'aumento della partecipazione dei soci arabi e le dimissioni dell'amministratore delegato Alessandro Profumo.
"Siamo in Turchia - ha detto parlando in conferenza stampa alla presentazione della Fabbrica dei Campioni, dedicata alla produzione di pneumatici da F1 - e parliamo di quello che facciamo in Turchia".
martedì 21 settembre 2010
Rampl: era necessario un cambiamento di leadership
«Non è stato facile arrivare alla separazione. Ma era necessario un cambiamento di leadership». Così il presidente di Unicredit, Dieter Rampl, parla al Corriere della Sera a proposito dell'uscita di scena dell'amministratore delegato Alessandro Profumo: «ha reso grande questa banca - prosegue -. Se siamo un istituto internazionale, paneuropeo, lo dobbiamo al suo grande lavoro» ma «nel corso del tempo si sono accumulate distanze che non erano più sanabili». Nessuna «cacciata» di Profumo, sottolinea, ma una decisione del cda «per la banca». Se tutto è sembrato precipitare in pochi giorni, spiega Rampl, è perchè una decisione rapida doveva «ridurre il danno che la febbrile circolazione di voci e indiscrezioni stava causando all'azienda e alle persone che ci lavorano». Anche la mancanza del nome del successore è dovuta alle «troppe illazioni» circolate. Unicredit, rassicura, non resterà senza amministratore delegato a lungo: «questione di settimane al massimo».
mercoledì 12 maggio 2010
Alessandro Profumo: su Pioneer aperti a tutte le opzioni
Unicredit è "completamente aperta a tutte le opzioni" su Pioneer, la divisione di asset management del gruppo per la cui valorizzazione il cda ha affidato ieri il mandato a Bofa Merrill Lynch e alla divisione Cib. Lo ha spiegato l'amministratore delegato Alessandro Profumo, durante la conference call. "Abbiamo deciso di discutere il tema ora - ha detto il manager - che non sono piu' sul tavolo temi relativi alla base di capitale. Non ci possono essere piu' dubbi sul fatto che discutiamo dell'argomento solo a causa delle strategie di business". Alessandro Profumo ha spiegato che nell'asset management bisogna essere "o una boutique molto forte, e noi non lo siamo", o un gigante del settore. "Noi siamo nel mezzo", ha detto.
(Adnkronos)
(Adnkronos)
lunedì 1 marzo 2010
Mediobanca: riunione del Patto sotto la Presidenza di Cesare Geronzi
L'Assemblea dei partecipanti all'Accordo relativo al capitale di Mediobanca si è riunita mercoledì sotto la Presidenza di Cesare Geronzi.
Dal Patto di sindacato esce la Fineldo di Vittorio Merloni, che ha ottenuto dagli altri grandi soci il via libera a svincolare un quota dello 0,24% in vista, secondo quanto si è appreso, di un riassetto degli investimenti.
Negli incontri della scorsa settimana non era in agenda il rinnovo dei vertici delle Generali, ha spiegato il presidente di Unicredit Dieter Rampl, senza però escludere che in uno dei prossimi appuntamenti si parli delle ipotesi di affidare la guida di generali al presidente della banca Cesare Geronzi.
La riunione del Patto di Mediobanca non ha per il resto riservato grosse sorprese: il direttivo è stato confermato, con la presidenza di Cesare Geronzi e la presenza di Tarak Ben Ammar, Vincent Bollorè, Ennio Doris, Salvatore Ligresti, Giampiero Pesenti, Alessandro Profumo, Dieter Rampl e Marco Tronchetti Provera.
L’uscita dal Patto «è una scelta strategica», ha spiegato la vice presidente di Fineldo, Antonella Merloni, escludendo comunque una cessione della quota.
Quanto ai conti, Mediobanca ha segnato nel primo semestre dell’esercizio 2009-2010 un utile netto quasi triplicato a 270 milioni di euro (+169,3%). «Se continuiamo su questi livelli - ha detto l’amministratore delegato Alberto Nagel - ci sarà spazio per una proposta al board sulla distribuzione di un dividendo in contanti”.
(fonte: La Gazzetta di Parma)
Dal Patto di sindacato esce la Fineldo di Vittorio Merloni, che ha ottenuto dagli altri grandi soci il via libera a svincolare un quota dello 0,24% in vista, secondo quanto si è appreso, di un riassetto degli investimenti.
Negli incontri della scorsa settimana non era in agenda il rinnovo dei vertici delle Generali, ha spiegato il presidente di Unicredit Dieter Rampl, senza però escludere che in uno dei prossimi appuntamenti si parli delle ipotesi di affidare la guida di generali al presidente della banca Cesare Geronzi.
La riunione del Patto di Mediobanca non ha per il resto riservato grosse sorprese: il direttivo è stato confermato, con la presidenza di Cesare Geronzi e la presenza di Tarak Ben Ammar, Vincent Bollorè, Ennio Doris, Salvatore Ligresti, Giampiero Pesenti, Alessandro Profumo, Dieter Rampl e Marco Tronchetti Provera.
L’uscita dal Patto «è una scelta strategica», ha spiegato la vice presidente di Fineldo, Antonella Merloni, escludendo comunque una cessione della quota.
Quanto ai conti, Mediobanca ha segnato nel primo semestre dell’esercizio 2009-2010 un utile netto quasi triplicato a 270 milioni di euro (+169,3%). «Se continuiamo su questi livelli - ha detto l’amministratore delegato Alberto Nagel - ci sarà spazio per una proposta al board sulla distribuzione di un dividendo in contanti”.
(fonte: La Gazzetta di Parma)
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martedì 12 gennaio 2010
Unicredit: le sfide del 2010
L'operazione è decolla sul mercato proprio ieri, in concomitanza con la trattazione dei diritti di opzione,
Secondo le prime notizie di agenzia (Radiocor), la riunione del Cda della Fondazione Crt, secondo azionista di Unicredit, tenutasi nel tardo pomeriggio, avrebbe ratificato l'adesione alla ricapitalizzazione.
In generale la certezza è che gli azionisti più importanti, a partire dalle fondazioni, colgano l'attimo per verificare insieme all'ad Alessandro Profumo sia le scelte degli uomini sia le deleghe.
mercoledì 18 novembre 2009
Unicredit: ok all’aumento di capitale
Il Core Tier 1 passerà così da 7,6 % a 8,4 %, mentre il Tier 1 Capital salirà da 8,4 % a 9,2 %.
Nel frattempo l'Antitrust ha accolto la richiesta di Unicredit di una proroga al 30 giugno 2010 del termine per la cessione della quota detenuta in Generali (pari al 3,241 %), a fronte dell'impegno di Unicredit di garantire la cessione definitiva della partecipazione, fermo restando che continuerà a non esercitare il diritto di voto connesso alla partecipazione stessa.
giovedì 12 novembre 2009
Unicredit non esclude nuove acquisizioni
"Nel settore bancario sono in corso molti cambiamenti che possono offrire opportunità. In Germania ci sono le Landesbank, oppure altre opportunità nell'europa centro-orientale. Siamo pronti a coglierle ma allo stesso tempo prudenti nell'assunzioni di rischi. Diciamo che siamo lunghi di capitale, ma non vogliamo sprecarlo''.
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martedì 10 novembre 2009
Cesare Geronzi a chi venderà la quota di Generali di Unicredit?
È soprattutto Cesare Geronzi, il numero uno di Mediobanca, ad occuparsi della vendita del 3,24% di Generali che Unicredit deve cedere entro dicembre per ordine della Consob.
La partita è davvero importante per Cesare Geronzi, che per questo sta intensificando i contatti con gli azionisti in vista dell'assemblea di primavera.
Secondo Affaritaliani.it, Alessandro Profumo, l’ad di Unicredit, non sembra da parte sua avere troppi pregiudizi sugli acquirenti, impegnato com'è in questo periodo con la ricapitalizzazione della sua banca.
“Anzi, per lui, deciso a non entrare in contrasto con Cesare Geronzi, la vendita della quota Generali significa principalmente un miliardo di euro (calcolando un premio del 13%) da mettere in cassa per rafforzare i coefficienti patrimoniali in vista dell'entrata in vigore di Basilea 2.
A spartirsi i circa 45,7 milioni di titoli in mano a Piazza Cordusio sono già pronti una serie di azionisti. Che, in un modo o nell'altro, hanno già messo un piede in Piazzetta Cuccia o nella stessa sede del Leone. In primis, Mediolanum di Ennio Doris. Il banchiere padovano, infatti, non solo può contare su dei buoni conti che gli permettono di investire, ma è anche da sempre vicino a Cesare Geronzi. Tanto che poco tempo fa si parlava addirittura di una fusione tra i due istituti milanesi.
Cesare Geronzi potrebbe contare, poi, anche su Francesco Gaetano Caltagirone, l'immobiliarista romano che da tempo sta arrotondando sul mercato la sua partecipazione in Generali, e sui francesi di Groupama. Un ruolo non marginale, poi, potrebbero anche giocarlo sempre secondo fonti sul mercato, Salvatore Ligresti e De Agostini.”

Secondo Affaritaliani.it, Alessandro Profumo, l’ad di Unicredit, non sembra da parte sua avere troppi pregiudizi sugli acquirenti, impegnato com'è in questo periodo con la ricapitalizzazione della sua banca.
“Anzi, per lui, deciso a non entrare in contrasto con Cesare Geronzi, la vendita della quota Generali significa principalmente un miliardo di euro (calcolando un premio del 13%) da mettere in cassa per rafforzare i coefficienti patrimoniali in vista dell'entrata in vigore di Basilea 2.
A spartirsi i circa 45,7 milioni di titoli in mano a Piazza Cordusio sono già pronti una serie di azionisti. Che, in un modo o nell'altro, hanno già messo un piede in Piazzetta Cuccia o nella stessa sede del Leone. In primis, Mediolanum di Ennio Doris. Il banchiere padovano, infatti, non solo può contare su dei buoni conti che gli permettono di investire, ma è anche da sempre vicino a Cesare Geronzi. Tanto che poco tempo fa si parlava addirittura di una fusione tra i due istituti milanesi.
Cesare Geronzi potrebbe contare, poi, anche su Francesco Gaetano Caltagirone, l'immobiliarista romano che da tempo sta arrotondando sul mercato la sua partecipazione in Generali, e sui francesi di Groupama. Un ruolo non marginale, poi, potrebbero anche giocarlo sempre secondo fonti sul mercato, Salvatore Ligresti e De Agostini.”
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lunedì 9 novembre 2009
Unicredit: dall'S3 alla super banca unica
UniCredit è stata così la prima, in Italia, a scegliere la via della specializzazione.
Allora l'opinione comune era che l’istituto stesse tracciando la strada destinata ad essere seguita dalle principali banche. Pochi giorni fa invece, a sei anni di distanza, è arrivato il contrordine: la fine delle tre banche specializzate e la nascita di una super banca unica.
"Certo - spiega Fabio Tamburini su Il Sole 24 Ore - la grande crisi economica ha contribuito al fallimento di S3, ma il suo destino era già segnato. Il limite fondamentale è stato il disorientamento della clientela, che ha visto moltiplicarsi gli interlocutori. Poi, le tre banche si sono rivelate una struttura complessa che ha allungato i tempi d'intervento e di risposta alle richieste del mercato. In terzo luogo ha finito per risultare molto più difficile la gestione coordinata dei vari servizi.
Il tutto ha aggravato problemi che non sono soltanto di Unicredit ma di tutte la maggiori banche italiane. Negli ultimi 15 anni il sistema bancario è completamente cambiato grazie ad una serie straordinaria di aggregazioni che hanno aumentato in misura significativa le dimensioni dei gruppi principali. Nel complesso il risultato è stato senz'altro positivo, perché ha permesso la nascita di realtà con dimensioni analoghe a quelle dei concorrenti a livello europeo. I protagonisti delle fusioni hanno però pagato un prezzo non indifferente: la perdita di radicamento sul territorio, a vantaggio delle banche locali come quelle di credito cooperativo e come le popolari, che hanno mantenuto una organizzazione tradizionale basata sul rapporto diretto e quotidiano con il mondo dell'impresa.
Ora Unicredit ha voltato pagina. E la nuova trasformazione è stata senz'altro apprezzata, ma anche sollecitata, dalla stessa Banca d'Italia. Questo non significa che il gruppo guidato da Alessandro Profumo rinuncia alla specializzazione delle varie attività. Anzi, continueranno ad essere l'elemento caratterizzante. Un passaggio fondamentale riguarda la nuova catena di comando. Sulla carta non cambia nulla. Profumo ne resta il capofila, così come restano le competenze attuali. È umano però che il concetto di banca unica possa trascinare con sé qualche ambizione di chi aspira a diventarne il principale collaboratore. In proposito va sottolineato che la casella della direzione generale non è prevista, mentre tre vice sono confermati come gli interlocutori naturali dell'amministratore delegato. Si tratta, in rigoroso ordine alfabetico, di Sergio Ermotti, Paolo Fiorentino e Roberto Nicastro.”
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giovedì 22 ottobre 2009
Unicredit verso l’aumento, ma l’estero pesa sui margini
L’operazione dovrebbe scattare nel primo trimestre del 2010 spingendo il Core Tier 1 al 7,65% e il Tier 1 ratio a 8,46% (i valori sono pro-forma al 30 giugno). Il gruppo si allineerà così ai principali concorrenti europei, anche in vista della revisione delle regole di Basilea II e delle pagelle compilate dalle agenzie di rating. Proprio l’anima internazionale di Unicredit potrebbe però provocare altri grattacapi all’ad Alessandro Profumo: la stessa Piazza Cordusio prevede infatti una redditività ancora sotto pressione per i sistemi bancari dell’area, a fronte di un costo del rischio che dopo il picco del 2009 rimarrà piuttosto elevato nel 2010. La situazione appare difficile soprattutto per Paesi Baltici, Ungheria e Bulgaria, il cui pil dovrebbe contrarsi anche il prossimo anno. Per quanto la situazione rimanga quindi complessa, Unicredit concentra tuttavia la propria presenza in Polonia, Russia e Turchia e il responsabile del Centro Est Europa, Federico Ghizzoni, ha più volte ribadito che la divisione chiuderà bene il 2009.
Quest’anno il margine di interesse di Unicredit sarà comunque in discesa sia per effetto della riduzione dello stock degli impieghi sia per la minore redditività dei depositi. Malgrado l’economia mondiale sia in ripresa, il gruppo avverte infatti che il 2009 risulterà influenzato dai riflessi della crisi finanziaria e dal rallentamento dell’attività in Europa. Nonostante la solida capacità dell’industria bancaria di generare margini, la peggiorata qualità del credito inciderà poi significativamente sulla redditività. Per contro il margine da servizi beneficerà del migliorato clima dei mercati. Unicredit, che prosegue il contenimento dei costi, ricorda poi come l’aumento di capitale sia reso possibile dalla riapertura del mercato di capitali. Ancora da decidere, tuttavia, il prezzo della ricapitalizzazione che sarà calcolato partendo dal valore teorico ex diritto (Terp) delle azioni basandosi sulla quotazione ufficiale di Borsa del giorno precedente al via libera del cda e dopo aver verificato un eventuale sconto. Così come resta una alea di incertezza sulla decisione dei grandi soci: disponibili a fare la propria parte sono la Fondazione Crt e Carimonte. Cauta, invece, Fon-Sai: «Il consiglio non ha ancora deciso - ha detto ieri l’ad Fausto Marchionni - le cose sono ancora in divenire. Il tema sarà portato al Consiglio di amministrazione con tutte le considerazioni relative al ritorno derivante dall’eventuale sottoscrizione dell’aumento»." (da Il Giornale)
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giovedì 16 luglio 2009
Da Cesare Geronzi a Giorgio Napolitano, sfilata di star della Finanza a Piazza Affari
C'era una vera e propria sfilata di star della finanza, dell'economia e della politica italiana, lunedì mattina a Milano, nella sede della Borsa italiana a Piazza Affari, per l'assemblea annuale della Consob, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa.
Oltre al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, c'erano il ministro dell'economi, Giulio Tremonti, il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. Non sono mancati il presidente e l'amministratore delegato di Mediobanca Cesare Geronzi e Alberto Nagel, il presidente di Unicredit Dieter Rampl e l'amministratore delegato dell'istituto Alessandro Profumo, arrivato a piedi in compagnia del vicepresidente e governatore della Banca Centrale Libica Farhat Omar Bengdara.
Presenti anche il presidente di Eni Roberto Poli, il numero uno dell'Abi Corrado Faissola, il presidente del Telecom Itali, Gabriele Galateri e quello del gruppo Rcs Piergaetano Marchetti. Massimo Ponzellini, presidente di Bpm e di Impregilo, e' arrivato in compagnia di Salvatore Ligresti; nella lista dei partecipanti anche l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera, il fondatore di Geox Mario Moretti Polegato, il neo presidente di Assolombarda Alberto Meomartini e il numero uno di Piaggio Roberto Colaninno.
Tra gli ultimi e' arrivato l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, mentre in rappresentanza del mondo della politica sono presenti il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, il sindaco di Milano Letizia Moratti e il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta.
Oltre al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, c'erano il ministro dell'economi, Giulio Tremonti, il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. Non sono mancati il presidente e l'amministratore delegato di Mediobanca Cesare Geronzi e Alberto Nagel, il presidente di Unicredit Dieter Rampl e l'amministratore delegato dell'istituto Alessandro Profumo, arrivato a piedi in compagnia del vicepresidente e governatore della Banca Centrale Libica Farhat Omar Bengdara.
Presenti anche il presidente di Eni Roberto Poli, il numero uno dell'Abi Corrado Faissola, il presidente del Telecom Itali, Gabriele Galateri e quello del gruppo Rcs Piergaetano Marchetti. Massimo Ponzellini, presidente di Bpm e di Impregilo, e' arrivato in compagnia di Salvatore Ligresti; nella lista dei partecipanti anche l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera, il fondatore di Geox Mario Moretti Polegato, il neo presidente di Assolombarda Alberto Meomartini e il numero uno di Piaggio Roberto Colaninno.
Tra gli ultimi e' arrivato l'amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, mentre in rappresentanza del mondo della politica sono presenti il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, il sindaco di Milano Letizia Moratti e il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta.
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martedì 14 luglio 2009
Chi era Lucio Rondelli

Il 2 luglio è morto Lucio Rondelli, ex presidente di Unicredit e di B.Italease. Nato a Bologna nel 1924 e nominato Cavaliere del lavoro nel 1986, Rondelli ha ricoperto diversi incarichi nel mondo bancario. In particolare ha ricoperto la carica di amministratore delegato di Credito Italiano fino al 1997 quando assunse la carica di presidente della nuova Unicredit guidata da Alessandro Profumo. È stato inoltre vicepresidente e membro del comitato esecutivo di Mediobanca, il gruppo di Cesare Geronzi, consigliere della Ras e vicepresidente e membro del comitato esecutivo dell'Abi, l'associazione bancaria italiana. Il suo ultimo incarico, dal 2005 al 2007, è stato quello di presidente di B.Italease.
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lunedì 1 giugno 2009
Profumo: Certa l’uscita di Unicredit da Generali
La sentenza del Consiglio di Stato che potrebbe riaprire il nodo del controllo sulle Generali da parte di Mediobanca, l’istituto guidato da Cesare Geronzi, non cambia i progetti di Unicredit di uscire dal capitale di Trieste.
Alessandro Profumo, l’ad di piazza Cordusio, ,ha risposto “assolutamente si” a chi gli chiedeva se la banca intendesse ancora vendere la sua quota in Generali. Unicredit ritiene il 3,2% della compagnia assicurativa al servizio di un bond convertibile.
(fonte: Il Giornale)
Alessandro Profumo, l’ad di piazza Cordusio, ,ha risposto “assolutamente si” a chi gli chiedeva se la banca intendesse ancora vendere la sua quota in Generali. Unicredit ritiene il 3,2% della compagnia assicurativa al servizio di un bond convertibile.
(fonte: Il Giornale)
giovedì 7 maggio 2009
Cesare Geronzi, Alessandro Profumo e la manovra bancaria che ha rivoluzionato il panorama finanziario e politico

Articolo interessante di Panorama trovato mentre cercavo in emeroteca un po' di materiale per la tesi.
"Fusioni bancarie: di che colore è Unicredito-Capitalia?
Sette giorni per sciogliere i nodi più importanti (il prezzo, le poltrone, le alleanze, gli effetti dominanti sul controllo di Mediobanca e Generali), firmare e spedire gli inviti alle nozze dell’anno. La fusione tra Unicredito e Capitalia ha un termine-obiettivo, sabato 27 maggio: in pochi giorni i rispettivi leader Alessandro Profumo e Cesare Geronzi proveranno a chiudere la manovra bancaria destinata a rivoluzionare il panorama finanziario italiano e a scompaginare il quadro politico. Prima che la controffensiva, più o meno palese, mandi tutto all’aria: il consenso attorno all’operazione è talmente elevato, bipartisan e istituzionale da risultare sospetto.
L’agenda ipotizzata nei colloqui fra i due gruppi permetterebbe al governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, di presentarsi all’assemblea annuale del 31 maggio sbandierando l’unione che più d’ogni altra sembra rispondere alla sua esortazione a superare campanilismi e personalismi, per consolidare un sistema che è assai debole rispetto all’avanzata straniera, ma che invece si dimostra straordinariamente influente sulla politica economica di casa nostra.
Di qui il primo banco di prova: la nuova superbanca di che colore sarà? La chiave di interpretazione corrente la descrive come la risposta di Massimo D’Alema allo strapotere dell’Intesa Sanpaolo, il gruppo creato da Giovanni Bazoli e attraverso il quale il premier Romano Prodi ha finora monopolizzato le più importanti partite economiche. Del vicepremier e presidente dei Ds sono note amicizie e frequentazioni con Alessandro Profumo e Cesare Geronzi. Quest’ultimo ha lavorato non poco per smontare (senza romperlo) l’abbraccio mediatico di Silvio Berlusconi, che due anni fa lo battezzò come l’unico banchiere non di sinistra e che ancora oggi è presente con la Fininvest nel patto di sindacato della banca romana.
Lo smarrimento diessino negli affari, accentuato con l’unione ulivista tra Intesa e Sanpaolo, celebrata a scapito dell’ultima roccaforte rossa rappresentata dal Monte dei Paschi, è fonte di depressione per i notabili del partito, estromessi dai giochi sul riassetto delle infrastrutture primarie del Paese: autostrade, telecomunicazioni, reti d’energia, aerei e aeroporti. Guai a perdere del tutto la presa sui centri nevralgici del potere: Mediobanca, Generali, Rcs MediaGroup (che controlla il Corriere della sera).
Così D’Alema negli ultimi mesi ha esplorato convergenze, facendo visita allo stesso Bazoli e intensificato i rapporti con gli uomini di punta del gruppo di francesi alleati di Cesare Geronzi nei santuari della finanza: Tarak Ben Ammar e Vincent Bolloré, amico del nuovo presidente Nicolas Sarkozy. Contatti che gli verranno buoni se Profumo troverà la via per riprendere il dossier Société Générale accantonato di fronte alle pretese transalpine di avere sede e presidenza esecutiva.
Tuttavia, la teoria del nuovo cappello dalemiano sul risiko, otto anni dopo il famoso incontro con Enrico Cuccia (in casa dell’imprenditore Alfio Marchini, anch’egli socio stabile della Capitalia), non convince Bruno Tabacci, deputato dell’Udc, profondo conoscitore degli intrecci con la finanza. “Macché contromossa, non ci credo. Profumo non è uno che fa politica, è un signore che fa operazioni di mercato: avrà fatto bene i suoi conti”.
Frase sibillina se si pensa al timore di investitori e analisti che sulle logiche industriali prevalgano quelle politiche per sistemare la Capitalia in mani amiche e ridisegnare gli equilibri di potere sulla Mediobanca e, a cascata, sulle Generali, che a loro volta sono azioniste e alleate del concorrente Intesa Sanpaolo. “No, le aziende non fanno più operazioni in funzione della politica” insiste Tabacci “semmai è la politica che si adegua per fare da mosca cocchiera. Certo, c’è il problema Mediobanca, ma non credo che verranno meno alla linea di autonomia dell’istituto, penso che faranno un passo indietro”.
La sede dell'Unicredito
Su questo aspetto si concentra la contraerea: Unicredito e Capitalia fondendosi arriveranno ad avere il 18 per cento di Mediobanca e quasi il 20 per cento di Generali e il 17 per cento del mercato bancario domestico. Dalla lettera del patto della banca d’affari è però esclusa la sommatoria delle due partecipazioni, fior di giuristi sono pronti a riaffermarlo: l’Unicredito-Capitalia peserà per il 9 per cento, l’altro 9 dovrà essere ceduto.
Già, ma a chi? La quota fa gola soprattutto all’Intesa Sanpaolo e la misura dell’interesse sta nella fretta e nella frequenza delle smentite. Gridare alla minaccia del monoblocco Uni-Capitalia che governerà incontrastato Mediobanca e Generali rafforza la possibilità che alla fine si proceda alla spartizione delle azioni in eccesso e amplifica la forza contrattuale di chi verrà chiamato in “soccorso” per ribilanciare le leve del potere.
Il punto è ben chiaro a Cesare Geronzi, che il Financial Times definì “power broker”: il mandato di advisor per la fusione affidato a Claudio Costamagna è la classica carambola al tavolo da biliardo. Con l’ex manager della Goldman Sachs, Cesare Geronzi rassicura Prodi (di cui è uno dei più ascoltati collaboratori) e al tempo stesso rimarca le distanze da Bazoli (scottato dai tentennamenti del consulente sull’affare Mittel).
Non solo, Costamagna parla la lingua dei mercati, che piace tanto a Profumo, e ha la visione americana di Draghi, con cui ha diviso anni di esperienza nella potente banca d’affari a stelle e strisce. Rimane il versante francese, che (forse l’elemento più comico e drammatico insieme) difende a spada tratta l’”italianité” e ha immediatamente messo le mani avanti sull’indipendenza di Capitalia e Mediobanca. Un modo per alzare la contropartita: se l’alleato Santander conquisterà i possedimenti italiani dell’Abn Amro, Vincent Bolloré, azionista forte della Mediobanca, potrà far leva sul controllo dell’Antonveneta e sul 9 per cento di Capitalia.
Il più esperto tra i banchieri italiani conosce tattiche e strategie dei francesi. Saprà gestirla ancora? La palla è sui piedi dell’acquirente: Profumo i conti li ha fatti, se vuole crescere in Italia non resta che una strada, un’offerta pubblica d’acquisto sulla Capitalia. La prima volta ci provò il 20 marzo 1999, voleva la Comit (oggi inglobata in Intesa Sanpaolo), fu stoppato da Antonio Fazio che non era stato preavvertito. In Banca d’Italia adesso c’è Draghi, che non pretende nemmeno una telefonata: è già pronto col disco verde."
(da Panorama)
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