La Repubblica ci offre un articolo interessante per quanto riguarda lo stress che può derivare dal duro lavoro, dagli orari massacranti e dalle grandi responabilità che hanno soprattutto i banchieri ma anche, in generale, i bancari, giovani e non.
Riflettete.
LONDRA - C'è troppo stress nella City? La domanda circola da sempre nella cittadella della finanza londinese, dove la competizione è allo spasmo, gli orari di lavoro sono massacranti, la tensione è pari ai formidabili guadagni che si prospettano per banchieri e broker di successo. Ma ora assume toni più angoscianti, dopo la morte nello spazio di pochi giorni di tre "lupi della City", per parafrasare il film di Martin Scorsese sui loro colleghi di Wall street, in circostanze che fanno credere al suicidio.
Martedì un uomo di 39 anni ha perso la vita cadendo, o più probabilmente buttandosi, dal cinquantesimo piano di un grattacielo di Canary Wharf, la "nuova" avveniristica City costruita sulle rive del Tamigi dove si sono trasferite molte banche e società di investimenti. Si chiamava Gabriel Magee, era di cittadinanza americana e lavorava per la J. P. Morgan, dove era vicepresidente del dipartimento di investimenti nelle tecnologie, uno dei settori più avanzati, rischiosi e profittevoli.
Lo stesso giorno la polizia è stata chiamata d'urgenza in una casa di Chelsea, uno dei quartieri più chic di Londra, per l'apparente suicidio di William Broeksmit, 58 anni, anche lui americano, ex-dirigente della Deutsche Bank. In febbraio doveva essere promosso a capo del dipartimento investimenti ad alto rischio, ma la promozione era stata bloccata perché veniva considerato senza la sufficiente esperienza. E la settimana scorsa è deceduto improvvisamente Tim Dickenson, direttore del settore comunicazioni alla banca Swiss Re, ma le cause e le circostanze della sua scomparsa sono state tenute confidenziali.
Tre morti sospette in una settimana nella City di Londra possono essere una coincidenza, oppure il sintomo di un malessere diffuso. Nella capitale britannica, così come in altre capitali della finanza, cresce la preoccupazione per lo stress a cui sono sottoposti i dipendenti, in particolare i giovani appena assunto o in procinto di esserlo. L'estate passata un ragazzo 21enne appena laureato, che stava facendo uno stage alla sede londinese della Bank of America, morì alla sua scrivania in seguito a un attacco di epilessia al termine di una giornata di lavoro di 16 ore. Troppe, secondo molti, ma è noto che le banche pretendono orari stakanovisti dagli stagisti e dai neo-assunti, costretti spesso a lavorare 7 giorni su 7 per mesi, con straordinari che raddoppiano quello che sarebbe un normale orario di lavoro. E sebbene varie banche della City abbiano ora adottato norme interne che vigilano sul troppo lavoro, gli stagisti continuano a fare a gara a chi arriva per primo al lavoro e che se va per ultimo, riportava di recente il Financial Times, consapevoli che uno su dieci viene assunto e che questo tipo di impegno viene solitamente apprezzato e premiato dai superiori.
Ma lo stress raggiunge anche i piani alti della banche. L'anno scorso uno dei senior manager della Barclays, Hector Sants, si è dimesso citando sovraffaticamento e tensione. In agosto Pierre Wauthier, capo finanziario del Zurich Insurance Group, si è tolto la vita dopo aver lasciato un biglietto in cui accusava l'amministratore delegato della società di assicurazioni di avere creato un clima di lavoro insopportabile. E l'ad, Josef Ackermann, si è dimesso pochi giorni dopo, accettando la propria responsabilità.
Il Wall Street Journal, che dedica stamane un ampio servizio al tema, riporta che recentemente alcune banche della City, come la Credit Suisse, la Merril Lynch e la Bank of America, hanno introdotto misure per diminuire il numero dei week-end che i dipendenti più giovani passano sul posto di lavoro. Ma basterà per ridurre lo stress e scongiurare i suicidi nella capitale della finanza mondiale?
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giovedì 30 gennaio 2014
giovedì 13 settembre 2012
Barclays:Walker auspica un cambiamento di rotta
David Walker promette di apportare un deciso cambiamento di rotta alla governance di Barclays quando ne prenderà le redini tra meno di due mesi. A partire dai compensi, che devono essere “più bassi e più trasparenti”. Lo ha assicurato lo stesso presidente eletto della banca britannica, che assumerà l’incarico a novembre dopo l’uscita di Marcus Agius. Quest’ultimo aveva già annunciato le proprie imminenti dimissioni a seguito dello scandalo Libor che ha travolto Barclays, costando tra l’altro l'incarico all’a.d. Bob Diamond, sostituito da Antony Jenkins.
Parlando degli standard bancari in un’audizione alla Commissione parlamentare britannica, Walker ha auspicato che gli istitui di credito rendano pubblici i compensi dei 100-150 manager più pagati, e non solo quelli di una decina di alti dirigenti come fanno adesso. E ha parlato della necessità di una maggiore dilazione dei bonus sul lungo periodo. Quanto al settore bancario britannico in generale, Walker ha affermato che “i cda sono stati troppo passivi nell’accettare le proposte dei dirigenti”, una dichiarazione letta da molti come un’implicita critica alla governance passata di Barclays.
(da Bluerating)
Parlando degli standard bancari in un’audizione alla Commissione parlamentare britannica, Walker ha auspicato che gli istitui di credito rendano pubblici i compensi dei 100-150 manager più pagati, e non solo quelli di una decina di alti dirigenti come fanno adesso. E ha parlato della necessità di una maggiore dilazione dei bonus sul lungo periodo. Quanto al settore bancario britannico in generale, Walker ha affermato che “i cda sono stati troppo passivi nell’accettare le proposte dei dirigenti”, una dichiarazione letta da molti come un’implicita critica alla governance passata di Barclays.
(da Bluerating)
giovedì 11 giugno 2009
Banche europee come le banche USA?
Riporto queste considerazioni dall'ottimo blog intermarketandmore.investireoggi.it:
"Lo scenario mi sembra abbastanza chiaro. Ormai negli USA assistiamo (e ne vedremo ancora) diverse fusioni/incorporazioni. Il piano Paulson non può non passare, magari con qualche modifica o limitazione.
A conferma che negli USA la situazione è già in uno stadio più avanzato che in Europa (senza però dimenticare che qui le cose erano comunque ben peggiori).
Alla fine ci ritroveremo con alcuni grandi colossi che, come degli highlander, domineranno la scena, passeranno momenti difficili, ma ne verranno fuori.
Europa? Come negli USA…
E in Europa? Molto probabilmente capiterà lo stesso. Però , come vedete, siamo ancora ad uno stadio embrionale. Mi verrebbe quasi da dire che, a livello temporale, siamo ai tempi della prima grande operazione di Bail Out, quella tra Bear Stearn e JP Morgan.
Probabilmente siamo già più avanti. Ce lo dimostrano i “bail out” (ormai va di moda…) di Dexia e di Fortis, diventate tutto di un colpo nazionalizzate.
Ma come scrivevo in alcuni commenti della settimana scorsa, ci sono banche che , invece, sarebbero difficilmente salvabili in Europa, vista la loro drammatica grandezza e il loro cospicuo passivo.
Qualche nome?
Senza fare terrorismo direi Ing Bank, Barclays o Deutsche Bank.
Ho pensato nel cappello tre nomi di banche che, effettivamente, un po’ per i derivati e un po’ per l’esagerata leva finanziaria, hanno una situazione non proprio florida.
Quindi, aspettiamoci pure, nelle prossime settimane, un aggravamento della situazione bancaria europea, con fusioni, incorporazioni e…bail out (salvataggi) dell’ultimo minuto, magari di banche che , fino al giorno prima, spergiuravano di essere ipersolide e con le casse piene di liquidità.
Ormai io non mi sorprendo più di nulla."
(http://intermarketandmore.investireoggi.it)
"Lo scenario mi sembra abbastanza chiaro. Ormai negli USA assistiamo (e ne vedremo ancora) diverse fusioni/incorporazioni. Il piano Paulson non può non passare, magari con qualche modifica o limitazione.
A conferma che negli USA la situazione è già in uno stadio più avanzato che in Europa (senza però dimenticare che qui le cose erano comunque ben peggiori).
Alla fine ci ritroveremo con alcuni grandi colossi che, come degli highlander, domineranno la scena, passeranno momenti difficili, ma ne verranno fuori.
Europa? Come negli USA…
E in Europa? Molto probabilmente capiterà lo stesso. Però , come vedete, siamo ancora ad uno stadio embrionale. Mi verrebbe quasi da dire che, a livello temporale, siamo ai tempi della prima grande operazione di Bail Out, quella tra Bear Stearn e JP Morgan.
Probabilmente siamo già più avanti. Ce lo dimostrano i “bail out” (ormai va di moda…) di Dexia e di Fortis, diventate tutto di un colpo nazionalizzate.
Ma come scrivevo in alcuni commenti della settimana scorsa, ci sono banche che , invece, sarebbero difficilmente salvabili in Europa, vista la loro drammatica grandezza e il loro cospicuo passivo.
Qualche nome?
Senza fare terrorismo direi Ing Bank, Barclays o Deutsche Bank.
Ho pensato nel cappello tre nomi di banche che, effettivamente, un po’ per i derivati e un po’ per l’esagerata leva finanziaria, hanno una situazione non proprio florida.
Quindi, aspettiamoci pure, nelle prossime settimane, un aggravamento della situazione bancaria europea, con fusioni, incorporazioni e…bail out (salvataggi) dell’ultimo minuto, magari di banche che , fino al giorno prima, spergiuravano di essere ipersolide e con le casse piene di liquidità.
Ormai io non mi sorprendo più di nulla."
(http://intermarketandmore.investireoggi.it)
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martedì 26 maggio 2009
Unicredit: consegnate le azioni dell'aumento
Le nuove azioni Unicredit, rivenienti dall'aumento di capitale gratuito da 1,22 miliardi deliberato dall'assemblea straordinaria dei soci il 29 aprile, sono state ora messe a disposizione degli aventi diritto.
I principali azionisti della banca sono Mediobanca, l'istituto guidato da Cesare Geronzi, con il 5,779 % (di cui il 5,775 % con vincolo di usufrutto a favore di Unicredit), la Fondazione Cariverona con il 5,727 %, la Banca Centrale di Libia con il 4,345 %, la Fondazione Crt con il 3,817 %, Carimonte Holding con il 3,155 %, Allianz con il 2,201 % e i fondi di Barclays con il 2,191 %.
I principali azionisti della banca sono Mediobanca, l'istituto guidato da Cesare Geronzi, con il 5,779 % (di cui il 5,775 % con vincolo di usufrutto a favore di Unicredit), la Fondazione Cariverona con il 5,727 %, la Banca Centrale di Libia con il 4,345 %, la Fondazione Crt con il 3,817 %, Carimonte Holding con il 3,155 %, Allianz con il 2,201 % e i fondi di Barclays con il 2,191 %.
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lunedì 4 maggio 2009
Unicredit fiduciosa su conti 2009
Come precisato dal presidente del gruppo bancario, Dieter Rampl, seguono la Fondazione Crt con il 3,777%, Carimonte Holding con il 3,123%, Allianz con il 2,178% e i Fondi Barclays Global Investors con il 2,168%. Il management di piazza Cordusio sa il fatto suo ed è apparso "estremamente" fiducioso che la gestione accorta dei rischi attuata dal gruppo gli permetterà di limitare l'impatto della recessione sul conto economico.
Il consistente risultato netto conseguito nel 2008, ha sottolineato il presidente, Dieter Rampl, aprendo l'assemblea dei soci a Roma, "è un'importante conferma della nostra capacità di restare profittevoli anche in situazioni di grande difficoltà". Certo che, ha ammesso, anche se recentemente è emerso qualche segnale di miglioramento nella situazione finanziaria e congiunturale mondiale "non possiamo nasconderci che il prosieguo dell'anno sarà difficile".
Come Governi e Banche centrali, Unicredit ha fatto la sua parte adottando misure importanti per rafforzare la base patrimoniale sia in vista del peggioramento del quadro economico sia perchè, a fronte di una situazione difficile, coefficienti più elevati sono necessari per rassicurare i mercati.
"Il nostro gruppo, grazie alla presenza commerciale in Europa occidentale e centro-orientale, è una rete molto solida per affrontare le sfide del 2009 che certamente non sono facili", ha detto invece l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, ribadendo quanto già preannunciato nell'appuntamento con gli analisti di Londra a marzo, ovvero il "buon avvio registrato nel 2009 con il contributo di tutte le divisioni a gennaio e a febbraio".
Il focus della strategia della banca milanese resta "sull'efficienza e sul controllo dei rischi", in quanto, ha sottolineato sempre Profumo, "i ricavi sono oggettivamente più volatili, mentre i costi sono sotto il nostro controllo" e il forte impegno nel sostegno alle famiglie e alle imprese, che si è già tradotto in misure molte consistenti, ha portato il totale dei crediti alle imprese e alle famiglie a 600 miliardi.
Quanto ai crediti nell'Europa Centrale e Orientale pesano ''solo per il 13%'' nel totale del gruppo Unicredit, di cui il 3,2% nella sola Polonia e il resto diviso fra i Paesi dell'area. Una diversificazione internazionale che, seppur comporta delle difficoltà nell'attuale crisi che ha colpito duramente alcuni paesi della Regione, ''è e tornerà a essere un fattore positivo sia per i soci che per i clienti e le imprese che possono contare sull'assistenza del gruppo all'estero''.
Oramai l'Italia conta sul 48% dei ricavi del gruppo seguita dalla Germania (27%), mentre il totale dei paesi del Centro ed Est Europa rappresenta il 30%. Unicredit continuerà anche a lavorare nell'attività di riorganizzazione del gruppo, concentrandosi soprattutto sulla banca commerciale. Si andrà avanti, inoltre, con la prevista fusione tra le divisioni Mib e Corporate "per rendere evidente, anche dal punto di vista organizzativo, che si tratta di attività al servizio della clientela".
Nei Paesi dell'Europa centro-orientale (Cee) il focus sarà spostato dalla crescita al controllo dei costi e nell'asset management "procederemo con la semplificazione dei prodotti e delle aree geografiche", ha delineato l'Ad, "a lavorare sulla riduzione dei costi" cosa che ha già trovato espressione, nei primi due mesi dell'anno in un'ulteriore riduzione dei dipendenti (-3.300 unità).
In Borsa oggi il titolo Unicredit sale dell'1,58% a 1,85 euro di concerto con le altre banche e con il mercato (+1,58%). E' scontata la conferma ai vertici del presidente Dieter Rampl e dell'Ad Alessandro Profumo, mentre i vicepresidenti dovrebbero scendere dagli attuali 5 a 4 e tra questi ci sarà Fahrat Bengdara, governatore della Banca centrale libica, salita in un anno dal 2% al 4,3% nel gruppo. Bengdara prenderebbe il posto di Berardino Libonati.
(da Francesca Gerosa, Milano Finanza)
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