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lunedì 17 gennaio 2011

Carmine Lamanda, il nuovo assessore al bilancio di Roma

Il quotidiano Il Tempo ha pubblicato sabato un ritratto di Carmine Lamanda, che prende il posto di Leo all'assessorato al Bilancio del comune di Roma.
"L'esperienza per gestire un bilancio complesso, anzi complicato da anni di gestione poco rispettosa dei principi contabili, non gli manca. Carmine Lamanda, quasi sconosciuto al grande pubblico, è uomo che ha passato la sua vita professionale a occuparsi di economia, banche e numeri. Nasce a Salerno nel 1941, ma la sua formazione giovanile si svolge in gran parte in terra d'Abruzzo. Il padre, cancelliere in Tribunale viene trasferito a Ortona in provincia di Chieti e a Pescara prende la maturità classica. Con il titolo in tasca Lamanda segue le orme del padre: vince il concorso per la carriera di cancelliere e la sua prima sede di lavoro è Perugia. Lì affiancando lo studio al lavoro si laurea in Giurisprudenza. Ed a quel punto, alla fine degli anni '60, che tenta con successo la carriera nella Banca d'Italia. Muove i primi passi nella filiale di Teramo poi è chiamato a Roma, nella sede centrale. La carriera a Palazzo Koch comincia nel settore della Vigilanza del sistema creditizio. Consolidata la sua esperienza nei controlli bancari, è incaricato dal Governatore Paolo Baffi e, successivamente, dal Governatore Carlo Azeglio Ciampi di ridisegnare la normativa relativa al settore del credito. In questa veste, Lamanda lavora a stretto contatto con l'allora ministro del Tesoro Giuliano Amato partecipando alla riforma della banca pubblica mentre, nel 1993, collabora alla definizione del Nuovo Testo Unico Bancario, approvato dal Governo Ciampi. Testi legislativi che consentiranno l'ammodernamento di un sistema bancario che fino agli anni '90 si presentava come una «foresta pietrificata». E che di fatto chiudono l'era delle Banche di interesse nazionale, le cosiddette Bin, a vantaggio di istituti di credito che agiscono come società per azioni sul mercato. Un altro passaggio fondamentale arriva nel 1994. Lamanda è distaccato presso il Ministero del Tesoro dove Lamberto Dini, gli conferisce l'incarico di Capo di Gabinetto. Poi nel 1997, il ritorno nell'alveo bancario. Il presidente Cesare Geronzi lo incarica di seguire le strategie del Gruppo Capitalia e con Giorgio Brambilla, all'epoca ad, la ristrutturazione dei costi. Dal 2002 ha ricoperto l'incarico di condirettore denerale di Capitalia. Ed è con questo ruolo che gestisce la delicata fusione del gruppo bancario romano con la Unicredit allora guidata da Alessandro Profumo. A Piazza Cordusio nel 2007 è nominato vice presidente. Da ieri la nuova sfida: il controllo e la supervisione di un bilancio che vale quanto quello di una grande impresa italiana."
(Il tempo)

martedì 25 agosto 2009

Banche e calcio: il modello inglese

Da L’Espresso, una riflessione sui rapporti tra banche e squadre di calcio:

“Il modello di riferimento in ambito europeo, soprattutto sotto il profilo marketing, è la Premier league inglese. La massima serie britannica è fortemente indebitata (3,4 miliardi di euro) ma, a differenza dell'Italia, questa situazione è collegata al cambio gestionale in sella ai club (due terzi delle società non sono più in mano ai proprietari inglesi) e, solo in parte, all'acquisizione dei giocatori di grido.

A differenza del mercato tricolore quello del Regno Unito ha messo sul piatto delle banche (tra queste Royal Bank of Scotland è quella più coinvolta nel business del pallone) una serie di asset di assoluto valore. I 20 club di Premier sono tutti titolari degli stadi (in Italia ad aprire le danze sarà la Juventus, ma non prima del luglio 2011), le sponsorizzazioni nonostante il periodo di crisi costituiscono più del 30 per cento delle entrate e il merchandising è una leva in crescita, grazie anche alla diffusione dei marchi all'estero, con particolare attenzione all'Asia e al Medioriente.

In Inghilterra il sistema bancario non ha problemi a investire nel calcio, perché considera i club professionistici come dei veri e propri brand di largo consumo, nel nostro Paese invece gli istituti di credito pagherebbero pur di uscire dal sistema (un caso per tutti Unicredit, che, post fusione, ha ereditato gli "impegni calcistici" di Capitalia), proprio perché non considerano il pallone come un'industria, nonostante il volume di affari della prima divisione sia di 1,4 miliardi di euro.”

lunedì 13 luglio 2009

Mediobanca: proroga 6 mesi per uscita da Mediolanum

Secondo alcune indiscrezioni, Mediobanca avrebbe chiesto e ottenuto dall'Antitrust una proroga di sei mesi, quindi fino a fine 2009, per uscire dal capitale di Mediolanum,
La quota dell'1,9% in Mediolanum è depositata presso Citi in un deposito senza diritti di voto.
L'obbligo di vendere è legato alla fusione tra Unicredit e Capitalia nel 2007: nel dare il via libera all'operazione, infatti, l'Antitrust aveva chiesto la cessione di parte della quota detenuta dalle due banche nel gruppo di Cesare Geronzi. La partecipazione, per l'autorità, non doveva però essere venduta a società partecipate da Mediobanca, come nel caso di Mediolanum.
Per permettere a Mediolanum di salire in Piazzetta Cuccia, acquistando parte della quota messa in vendita da Unicredit, era stata quindi trovata la soluzione del conto deposito senza diritti di voto in attesa di sistemare definitivamente la partecipazione.

martedì 16 giugno 2009

Mediobanca: tutta la storia del gruppo di Cesare Geronzi

Cesare GeronziMediobanca, l'istituto guidato da Cesare Geronzi, è oggi il principale gruppo bancario italiano, nato da una lunga serie di fusioni e acquisizioni che si sono susseguite nel corso degli anni.
La sua storia è sicuramente interessante per la mia tesi e per chiunque si occupi dell'argomento fusioni.

Mediobanca nasce nell'immediato dopoguerra per iniziativa della Banca Commerciale Italiana (l'attuale Intesa San Paolo) alla quale si associa subito il Credito Italiano (oggi UniCredit) e in seguito il Banco di Roma (poi Capitalia, fusa nel 2007 in UniCredit), per soddisfare le esigenze a medio termine delle imprese produttrici e per stabilire un rapporto diretto tra il mercato del risparmio e il fabbisogno finanziario per il riassetto produttivo delle imprese.

Fin dagli inizi, Mediobanca sostiene i principali gruppi industriali italiani. L’istituto è stato anche tra i primi ad entrare nel settore parabancario con Spafid per le gestioni fiduciarie (1948), Compass per il credito al consumo (1951) e Selma, ora SelmaBipiemme Leasing, per il leasing (1970).

Nel marzo 1956 le azioni Mediobanca vengono ammesse alla quotazione in Borsa: è il primo titolo bancario quotato nel dopoguerra.

Negli anni Settanta Mediobanca svolge un ruolo importante nella ristrutturazione dell’industria italiana in quanto banca di riferimento dei maggiori gruppi del paese. Ciò si riflette anche sul portafoglio di partecipazioni che a metà degli anni Settanta includeva Generali (4,5 %), Fiat (2,5 %), Montedison (2,5 %), Olivetti (5 %), Pirelli&C (3,3 %) e Fondiaria Vita (10 %).

Nel gennaio 1988 viene definito un nuovo assetto azionario per stabilire un equilibrio tra soci pubblici e privati mantenendo l’indipendenza gestionale precedentemente, garantita da un patto di sindacato che univa le banche a controllo pubblico ad alcune tra le più affermate banche d’investimento internazionali. Le tre banche fondatrici riducono il loro possesso dal 57 % al 25 % del capitale; una quota di tali azioni (25 %) viene rilevata da un gruppo di imprese private che così raggiungono una partecipazione equivalente a quella delle tre banche, stipulando con le stesse un sindacato di blocco; la restante quota del pacchetto (circa il 7 %) viene collocata sul mercato nel novembre 1988.

Nel 1990 viene costituita Mediobanca International, per operare sul mercato internazionale dei capitali, e nel 1992 nasce Micos (oggi Che Banca!) per operare nel settore dei finanziamenti immobiliari.

Nel 1998 viene costituita MB Finstrutture, incorporata nel 2005 in Mediobanca, per la consulenza e la realizzazione di progetti di investimento da attuare con il ricorso a soluzioni di finanza strutturata.

La fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio vedono la privatizzazione dei maggiori gruppi bancari e industriali italiani e un boom di quotazioni concentrate prevalentemente nei settori tecnologici. Mediobanca coordina in questo periodo le privatizzazioni di Banca di Roma, BNL, Telecom Italia, Enel e procede alla quotazione di numerose società.

Nello stesso periodo anche il portafoglio partecipazioni di Mediobanca viene ampliato; in particolare, la quota in Assicurazioni Generali viene progressivamente incrementata sino al 12,5 %, in parte tramite l’acquisto e successiva incorporazione nel 2001 dell’Euralux (Gruppo Lazard).

Nell'aprile 2000 Banca Commerciale Italiana, divenuta parte del gruppo Intesa, cede la sua partecipazione in Mediobanca ad altri membri del sindacato di blocco.

Negli stessi anni il gruppo entra nel comparto del private banking, per valorizzarne le sinergie con l’investment banking.

Nel luglio 2000 viene costituita Duemme, in joint venture con Mediolanum, per operare nel private banking di fascia alta; la società, denominata poi Banca Esperia, diviene operativa nel luglio 2001 e nell’arco di pochi anni si afferma come importante operatore domestico. Nel maggio 2002 Mediobanca stipula un accordo di put & call per il rilievo da Commerzbank del 34 % di Compagnie Monégasque de Banque (CMB), banca leader nel private banking nel principato di Monaco; l’anno successivo il possesso viene elevato al 61.64 % e nel dicembre 2004 viene raggiunto il controllo totale.

Nell'aprile 2003 il patto di sindacato di Mediobanca viene modificato a seguito dell'adesione di un gruppo di investitori esteri comprendenti i Gruppi Bolloré e Groupama con una quota complessiva del 10 %.

Dallo stesso anno, che vede anche la nomina dell’attuale gruppo direttivo, viene dato nuovo impulso alla crescita delle attività bancarie al fine di completare la gamma prodotti, sviluppare la rete distributiva e raggiungere un maggior grado di internazionalizzazione.

Nel luglio 2004 prende avvio la succursale di Parigi; nel 2006 viene aperto l’ufficio di brokeraggio a New York seguito, nel 2007, dall’apertura delle filiali di Madrid e Francoforte operative nell’attività creditizia e di advisory.

A fine 2007, dopo la fusione con Capitalia, UniCredit ha ceduto le azioni Mediobanca che questa deteneva (9,37 %). Le azioni sono cedute per il 7,4 % a soci, anche nuovi, che le mantengono vincolate al patto, mentre il residuo 2 % è ceduto a terzi sul mercato. Il patto di sindacato scende di conseguenza al 45,6 % nel dicembre 2007.

È nel giugno di quest’anno che Cesare Geronzi viene nominato all’unanimità presidente del consiglio di sorveglianza.

Sempre nel dicembre 2007, Mediobanca acquisisce Linea dal Banco Popolare e dalla Banca Popolare di Vicenza con un esborso di 405m di euro. L’operazione avviene tramite la controllata Compass che raddoppia il suo portafoglio crediti e diventa così il terzo operatore specializzato nel credito al consumo in Italia.

Nel 2008 diventa operativa la sede di Londra, focalizzata sulle attività di capital markets.

Nel maggio 2008, seguendo il disegno strategico enunciato nel piano industriale 2009-2011 approvato nel marzo dello stesso anno, l’istituto di Cesare Geronzi potenzia la sua presenza nel segmento retail: Micos Banca, tradizionalmente attiva nell’erogazione di mutui immobiliari, assume la nuova denominazione di CheBanca! e amplia l’operatività a prodotti di risparmio e di conto corrente, adottando un modello di distribuzione multicanale (internet, call center, filiali).

giovedì 11 giugno 2009

Chi è Cesare Geronzi

Cesare Geronzi
Il sito Forzaroma.info traccia un profilo completo e dettagliato di Cesare Geronzi, un personaggio chiave quando si parla di fusioni bancarie in Italia. Perché sul sito Forzaroma? Perché Cesare Geronzi, possiede (tramite Capitalia) Italpetroli, la società che a sua volta controlla la Roma.

“Chi è Cesare Geronzi? Ecco una breve scheda sul banchiere:
Geronzi nasce a Marino nel 1935 e nel 1960 vince il concorso in Banca d'Italia, entrando a lavorare nel 1961 nel settore cambi collaborando con il Governatore Guido Carli per 15 anni. L'ambiente politico negli anni '60 e '70 è molto difficile, ma Cesare Geronzi riesce a farsi largo e ad affermarsi professionalmente. Negli anni '80 si vede chiuso da Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini e si mette quindi sul mercato, diventando, proprio nel 1980, vicedirettore generale del Banco di Napoli, seguendo l’allora Direttore Generale Rinaldo Ossola. Nel 1982, passa alla Cassa di Risparmio di Roma come direttore generale
Alla fine degli anni Ottanta, la carriera di Cesare Geronzi ha uno scatto deciso. Il Banco di Santo Spirito, storica banca romana controllata dall'IRI, presieduto da Romano Prodi si trova in difficoltà economiche. Cesare Geronzi vorrebbe acquistare il Banco, ma Cariroma non ha gli 800 miliardi di lire necessari per farlo. Per ottenere il capitale necessario allora Cariroma vende a Santo Spirito i propri sportelli, diventando una holding, e con il denaro ottenuto rileva il capitale azionario. Nel 1990 al gruppo viene aggiunta anche la Banco di Roma.
A fine anni '90 il gruppo Banca di Roma si allarga al Sud, mentre nel luglio 2002 attraverso l’unione di banche in crisi o pre-crisi, Cesare Geronzi arriva alla creazione di un’unica unità bancaria, Capitalia. Il 27 giugno 2007, dopo la fusione di Capitalia con Unicredit, Cesare Geronzi viene nominato all’unanimità presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, di cui era già Vice Presidente. L’Assemblea del Patto di Sindacato di Mediobanca S.p.A lo nomina Presidente.
A fine 2008 Cesare Geronzi viene riconfermato nella carica di presidente.

Dagli anni novanta è aumentato notevolmente il suo impegno nel settore calcistico.
In particolare gli viene contestata l'influenza che ha cercato di attuare nei confronti delle squadre con problemi finanziari. Luciano Gaucci lo ritenne responsabile del fallimento dell' AC Perugia e gli lanciò numerose accuse da Santo Domingo, dov'era all'epoca latitante; sull'argomento Cesare Geronzi è stato sentito dalla magistratura come persona informata sui fatti.
Nel 2004 Cesare Geronzi ha acquisito tramite Capitalia il 49% di Italpetroli, la società che controlla l'Associazione Sportiva Roma con una quota del 67%, sfruttando la conversione in azioni di crediti per 35 milioni di euro. La banca deteneva inoltre un'opzione a salire al 51% nel caso il piano di risanamento della squadra non avesse successo ma, nel 2008, tale opzione è stata cancellata. Inoltre Capitalia è uno dei creditori della Società Sportiva Lazio, dopo esserne stata anche azionista e averla salvata con un aumento di capitale.”
(fonte Forzaroma.info)

lunedì 1 giugno 2009

Tesi sulle fusioni

La Spoleto Credito e Servizi ha consegnato 60 borse di studio ai soci della Scs e ai loro figli diplomati o laureati con il massimo dei voti.
Nello specifico il premio "Luigi Profili", riservato ai laureati in scienze bancarie, giurisprudenza, economia e commercio o scienze politiche, residenti in Umbria è andato ad Anna Franceschini di Sellano, laureata in economia per la tesi: "Gli effetti del rischio operativo: il caso della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio". I due premi "Giulio Cesari", riservati rispettivamente a giovani residenti nei Comuni del comprensorio spoletino e a laureati residenti in tutta Italia, sono andati a Giulia Giansanti di Gualdo Cattaneo, laureata in giurisprudenza con la tesi "Credito al consumo: dalla spesa giornaliera alla vacanza alle Maldive. Le nuove garanzie per il consumatore" e a Samuele Loretucci di Cascia (laurea in economia) per la tesi: "Il fenomeno delle fusioni bancarie: un'analisi econometria sul caso Unicredit-Capitalia".

Che dire? Con questo Samuele Loretucci mi piacerebbe scambaire 4 chiacchiere ;-)

giovedì 28 maggio 2009

Cesare Geronzi: che cosa significa l’assoluzione Italcasa/Bagaglino

Cesare GeronziA commento e approfondimento di quanto scrivevo il 12 maggio, riporto un articolo di Liberal.

“ Prosciolto perché il fatto non sussiste nel crack Bagaglino. Cesare Geronzi ha incassato una grande vittoria personale, e, insieme, ha messo una serissima assicurazione sulla sua vita professionale in Mediobanca. L'accusa sosteneva che le banche nel 1998, nonostante il gruppo Italcase/Bagaglino fosse ormai decotto - le società del gruppo, in tutto 19, sono state dichiarate fallite nel 2000 - imposero una ristrutturazione e, secondo la sentenza di primo grado, nel trattare la vicenda non ebbero un comportamento limpido. Questa impostazione stata ribaltata nella sentenza d'appello, che pur confermando le condanne agli amministratori del gruppo turistico-immobiliare, ha assolto i consiglieri delle banche coinvolte (Bam, Bna e Banca di Roma) dall'accusa di bancarotta preferenziale "perché il fatto non sussiste" e da quella di bancarotta semplice "per non aver commesso il fatto".
La vicenda del dissesto del gruppo Italcase/Bagaglino si trascina dal 2000, quando il tribunale di Brescia dichiarò il fallimento del gruppo bresciano fondato da Mario Bertelli (condannato in primo grado a 13 anni e condannato anche in appello), con un passivo di 600 milioni di euro.

Ed è bene spiegare cosa questa sentenza significa.

Cesare Geronzi è il presidente di Mediobanca, è arrivato alla poltrona dopo la fusione tra Unicredit e Capitalia, e dopo aver detto, durante la trattativa, di essere "indisponibile" alla carica. Ma il banchiere di Marino in realtà quel posto lo ha sempre sognato: un po’ perché era quello di Enrico Cuccia, il mito di tutti i finanzieri italiani; un po’ perché rappresentava per lui il coronamento di una grande carriera cominciata da impiegato di Bankitalia e proseguita attraverso un'esperienza poco felice al Banco di Napoli, e poi approdata alla Cassa di Risparmio di Roma. Inoltre Cesare Geronzi è indagato per usura aggravata e concorso in bancarotta fraudolenta nell'ambito del caso Ciappazzi-Parmalat-Eurolat, e rinviato a giudizio per estorsione e bancarotta societaria. Secondo l'accusa, Cesare Geronzi avrebbe imposto a Tanzi l'acquisto di Eurolat, società del Gruppo Cirio di Sergio Cragnotti ad un prezzo gonfiato, minacciando di chiudere gli affidamenti bancari, ma il processo è stato trasferito a Roma. Nel crack Cirio, Cesare Geronzi è indagato per l'emissione di due bond su un migliaio, mentre nel caso Telecom per frode fiscale. Come si vede, le accuse sono labili: molto probabilmente cadranno. La storia del Bagaglino invece lo preoccupava molto di più: intanto perché aveva come accessorio l'interdizione dai pubblici uffici; e poi perché lo statuto di Mediobanca pretende che non ci siano condannati in via definitiva tra chi è demandato alle cariche sociali. Una condanna in secondo grado, confermata in Cassazione, avrebbe avuto come risultato finale il suo pensionamento anticipato. Con l'assoluzione, questo "rischio" svanisce definitivamente. "

(da Liberal)

giovedì 14 maggio 2009

Bazoli: Ora Mediobanca è davvero autonoma

Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli
A quasi tre anni dalla fusione tra UniCredit e Capitalia, che aveva mutato gli equilibri a Trieste e portato Cesare Geronzi alla presidenza di Mediobanca, Giovanni Bazoli, il presidente di Intesa Sanpaolo, torna a parlare della banca di Piazzetta Cuccia.
«Mi pare che sul piano di fatto si sia verificata una delle condizioni che io auspicavo; io le auspicavo sul piano giuridico e contrattuale, poi si sono verificate sul piano di fatto: Mediobanca ora ha una sua piena autonomia questo realizza una di quelle condizioni che avevo posto».

giovedì 7 maggio 2009

Cesare Geronzi, Alessandro Profumo e la manovra bancaria che ha rivoluzionato il panorama finanziario e politico

Cesare Geronzi ed Enrico Cuccia
Articolo interessante di Panorama trovato mentre cercavo in emeroteca un po' di materiale per la tesi.

"Fusioni bancarie: di che colore è Unicredito-Capitalia?

Sette giorni per sciogliere i nodi più importanti (il prezzo, le poltrone, le alleanze, gli effetti dominanti sul controllo di Mediobanca e Generali), firmare e spedire gli inviti alle nozze dell’anno. La fusione tra Unicredito e Capitalia ha un termine-obiettivo, sabato 27 maggio: in pochi giorni i rispettivi leader Alessandro Profumo e Cesare Geronzi proveranno a chiudere la manovra bancaria destinata a rivoluzionare il panorama finanziario italiano e a scompaginare il quadro politico. Prima che la controffensiva, più o meno palese, mandi tutto all’aria: il consenso attorno all’operazione è talmente elevato, bipartisan e istituzionale da risultare sospetto.
L’agenda ipotizzata nei colloqui fra i due gruppi permetterebbe al governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, di presentarsi all’assemblea annuale del 31 maggio sbandierando l’unione che più d’ogni altra sembra rispondere alla sua esortazione a superare campanilismi e personalismi, per consolidare un sistema che è assai debole rispetto all’avanzata straniera, ma che invece si dimostra straordinariamente influente sulla politica economica di casa nostra.
Di qui il primo banco di prova: la nuova superbanca di che colore sarà? La chiave di interpretazione corrente la descrive come la risposta di Massimo D’Alema allo strapotere dell’Intesa Sanpaolo, il gruppo creato da Giovanni Bazoli e attraverso il quale il premier Romano Prodi ha finora monopolizzato le più importanti partite economiche. Del vicepremier e presidente dei Ds sono note amicizie e frequentazioni con Alessandro Profumo e Cesare Geronzi. Quest’ultimo ha lavorato non poco per smontare (senza romperlo) l’abbraccio mediatico di Silvio Berlusconi, che due anni fa lo battezzò come l’unico banchiere non di sinistra e che ancora oggi è presente con la Fininvest nel patto di sindacato della banca romana.
Lo smarrimento diessino negli affari, accentuato con l’unione ulivista tra Intesa e Sanpaolo, celebrata a scapito dell’ultima roccaforte rossa rappresentata dal Monte dei Paschi, è fonte di depressione per i notabili del partito, estromessi dai giochi sul riassetto delle infrastrutture primarie del Paese: autostrade, telecomunicazioni, reti d’energia, aerei e aeroporti. Guai a perdere del tutto la presa sui centri nevralgici del potere: Mediobanca, Generali, Rcs MediaGroup (che controlla il Corriere della sera).
Così D’Alema negli ultimi mesi ha esplorato convergenze, facendo visita allo stesso Bazoli e intensificato i rapporti con gli uomini di punta del gruppo di francesi alleati di Cesare Geronzi nei santuari della finanza: Tarak Ben Ammar e Vincent Bolloré, amico del nuovo presidente Nicolas Sarkozy. Contatti che gli verranno buoni se Profumo troverà la via per riprendere il dossier Société Générale accantonato di fronte alle pretese transalpine di avere sede e presidenza esecutiva.
Tuttavia, la teoria del nuovo cappello dalemiano sul risiko, otto anni dopo il famoso incontro con Enrico Cuccia (in casa dell’imprenditore Alfio Marchini, anch’egli socio stabile della Capitalia), non convince Bruno Tabacci, deputato dell’Udc, profondo conoscitore degli intrecci con la finanza. “Macché contromossa, non ci credo. Profumo non è uno che fa politica, è un signore che fa operazioni di mercato: avrà fatto bene i suoi conti”.
Frase sibillina se si pensa al timore di investitori e analisti che sulle logiche industriali prevalgano quelle politiche per sistemare la Capitalia in mani amiche e ridisegnare gli equilibri di potere sulla Mediobanca e, a cascata, sulle Generali, che a loro volta sono azioniste e alleate del concorrente Intesa Sanpaolo. “No, le aziende non fanno più operazioni in funzione della politica” insiste Tabacci “semmai è la politica che si adegua per fare da mosca cocchiera. Certo, c’è il problema Mediobanca, ma non credo che verranno meno alla linea di autonomia dell’istituto, penso che faranno un passo indietro”.
La sede dell'Unicredito
Su questo aspetto si concentra la contraerea: Unicredito e Capitalia fondendosi arriveranno ad avere il 18 per cento di Mediobanca e quasi il 20 per cento di Generali e il 17 per cento del mercato bancario domestico. Dalla lettera del patto della banca d’affari è però esclusa la sommatoria delle due partecipazioni, fior di giuristi sono pronti a riaffermarlo: l’Unicredito-Capitalia peserà per il 9 per cento, l’altro 9 dovrà essere ceduto.
Già, ma a chi? La quota fa gola soprattutto all’Intesa Sanpaolo e la misura dell’interesse sta nella fretta e nella frequenza delle smentite. Gridare alla minaccia del monoblocco Uni-Capitalia che governerà incontrastato Mediobanca e Generali rafforza la possibilità che alla fine si proceda alla spartizione delle azioni in eccesso e amplifica la forza contrattuale di chi verrà chiamato in “soccorso” per ribilanciare le leve del potere.
Il punto è ben chiaro a Cesare Geronzi, che il Financial Times definì “power broker”: il mandato di advisor per la fusione affidato a Claudio Costamagna è la classica carambola al tavolo da biliardo. Con l’ex manager della Goldman Sachs, Cesare Geronzi rassicura Prodi (di cui è uno dei più ascoltati collaboratori) e al tempo stesso rimarca le distanze da Bazoli (scottato dai tentennamenti del consulente sull’affare Mittel).
Non solo, Costamagna parla la lingua dei mercati, che piace tanto a Profumo, e ha la visione americana di Draghi, con cui ha diviso anni di esperienza nella potente banca d’affari a stelle e strisce. Rimane il versante francese, che (forse l’elemento più comico e drammatico insieme) difende a spada tratta l’”italianité” e ha immediatamente messo le mani avanti sull’indipendenza di Capitalia e Mediobanca. Un modo per alzare la contropartita: se l’alleato Santander conquisterà i possedimenti italiani dell’Abn Amro, Vincent Bolloré, azionista forte della Mediobanca, potrà far leva sul controllo dell’Antonveneta e sul 9 per cento di Capitalia.
Il più esperto tra i banchieri italiani conosce tattiche e strategie dei francesi. Saprà gestirla ancora? La palla è sui piedi dell’acquirente: Profumo i conti li ha fatti, se vuole crescere in Italia non resta che una strada, un’offerta pubblica d’acquisto sulla Capitalia. La prima volta ci provò il 20 marzo 1999, voleva la Comit (oggi inglobata in Intesa Sanpaolo), fu stoppato da Antonio Fazio che non era stato preavvertito. In Banca d’Italia adesso c’è Draghi, che non pretende nemmeno una telefonata: è già pronto col disco verde."
(da Panorama)

mercoledì 29 aprile 2009

Unicredit-Capitalia: cronistoria delle fusioni dal sito di Cesare Geronzi

Cesare Geronzi, autore della prima concentrazione bancaria, nel 1989, porta a compimento diversi processi aggregativi, nell’arco dei venticinque anni di permanenza alla guida di uno dei gruppi bancari fra i più importanti di Italia, realizzando un disegno organizzativo e societario che, avviato, nel 1992 con la fusione di Banco di Roma, Cassa di Risparmio di Roma e Banco di Santo Spirito, è proseguito con l'acquisizione del Mediocredito Centrale e del Banco di Sicilia nel 1999, ancora con l’integrazione fra il Gruppo Bancaroma e il Gruppo Bipop Carire nella holding Capitalia, nel 2002, fino a realizzare la nascita del colosso bancario Unicredit-Capitalia, il 20 maggio 2007 con decorrenza 1° ottobre 2007.”

Dal sito www.cesaregeronzi.it, la cronologia delle aggregazioni che hanno portato all'affermazione del Gruppo Unicredit/Capitalia con un ammontare di capitalizzazione di borsa pari a 96,7 miliardi di Euro.

- Nascita della Banca di Roma
- L’acquisizione della Banca Mediterranea e della Banca dell’Agricoltura
- Privatizzazione del Gruppo Bancaroma
- La seconda fase di aggregazione: diversificazione geografica e operativa
- Patto di sindacato azionisti di Capitalia
- L’approdo della fusione in Unicredit