lunedì 18 maggio 2009

Cesare Geronzi: storia dei sistemi bancari

Cesare GeronziRiporto uno stralcio da un convegno intitolato “Sistemi Bancari e finanziari Internazionali: Evoluzione e Stabilità”.
L'intervento è di Cesare Geronzi.
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Sotto il profilo delle banche, il secolo XX si aprì in Europa con la presenza di modelli consolidati, ereditati da esperienze storiche, forgiati a condizionamenti istituzionali e strutture economiche profondamente diverse.

Le interpretazioni storiche più accreditate – i lavori di Gerschenkron e di Cameron in particolare – individuarono una relazione fondamentale fra struttura finanziaria e stadio di sviluppo del sistema produttivo. In sostanza, quanto più lento e tardivo è l’avvio di un paese all’industrializzazione, tanto più questa dipende dalle banche e, nei paesi più arretrati, dallo Stato.

La funzione di stimolo all’accumulazione che in Inghilterra era stata assolta all’imprenditoria privata, nell’Europa continentale, in ritardo rispetto al processo di rivoluzione industriale, venne affidata alla banca e allo Stato. Quando poi al banca “privata” si dimostrò inadeguata è comprensibile che sia entrata in campo al banca “pubblica”.

Alimentati da queste diverse esperienza si svilupparono due modelli paralleli che convergeranno solo negli ultimi decenni del secolo appena terminato. Quello “inglese”, essenzialmente “orientato ai mercati”, in cui al banche sono prevalentemente “banche di deposito”. Quello “continentale”, in cui il processo di intermediazione è dominato dalle banche, che spesso – come in Germania e in Italia – sono “banche miste”, che concedono finanziamenti a lungo termine e sono legate da relazioni strette con l’impresa.

Su questo quadro si riversarono gli effetti della grande depressione e le crisi bancarie degli anni ’30.

La gravità della crisi suggerì discipline che imposero limiti alla concorrenza sia negli Stati Uniti sia in Europa. Il rischio che da ciò potessero derivare forme di oligopolio non sembrò un costo eccessivo “per assicurare solidità e stabilità all’interop sistema bancario”. I controlli strutturali, gli ostacoli all’ingresso nel mercato a nuove banche e sportelli, i limiti alle attività e passività divennero caratteristiche dei sistemi bancari di non pochi paesi.

Nonostante i duri colpi subiti dalla crisi industriale degli anni ’30, la “banca mista” venne mantenuta in alcuni paesi, spesso nella variante più tranquillizzante di “banca universale”. In altri sistemi, invece, scomparve, per cedere il passo alla banca specializzata, dove alla scadenza della provvista di fondi corrisponde analoga scadenza nei loro impieghi.

Sotto il profilo proprietario, invece, il modello della “banca pubblica” ottenne una notevole diffusione. Oltre ad emergere quale conseguenza delle crisi bancarie collegate alla grande depressione, essa aveva anche una sua tradizione autonoma che risale al XVIII secolo ed è legata all’esperienza delle casse di risparmio.

Queste istituzioni pubbliche senza finalità di lucro, nate per incoraggiare il risparmio popolare, si erano diffuse in Europa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, quasi in “contrapposizione” alle banche tradizionali, orientate a privilegiare i rapporti con la grande industria. Nell’esperienza dell’Europa continentale queste banche rappresentano, in nuce, il modello della banca retail, al cui fortuna è collegata allo storico spostamento del reddito a favore dei salari e alla formazione del risparmio alle famiglie.

Dopo gli anni ’30 il modello della “banca pubblica” andò consolidandosi come la forma di governante più opportuna per garantire un’allocazione del credito tutelata dalle interferenze delle grandi imprese.

Dalla seconda metà degli anni ’70, si è detto, la questione dell’efficienza cominciò a prendere peso e, insieme a essa, quella della concorrenza.

Le banche dovevano cioè comportarsi non diversamente dalle altre imprese, e competere sul mercato per i prodotti e le risorse finanziarie. Ma su quale mercato, tenuto conto che ciascun Paese aveva creato ostacoli e condizionamenti in difesa del proprio sistema finanziario?

Ed è qui che lo sbocco della Comunità europea diviene particolarmente importante. Fino al 1981 si era ritenuto che le direttive comunitarie sulla liberalizzazione degli scambi non si applicassero alle banche, e, in effetti, ciascun Paese aderente alla CEE aveva legiferato in materia bancaria e finanziaria sulla base delle proprie tradizioni e del grado di sviluppo istituzionale ed economico raggiunto.

In effetti, nel determinare un’accelerazione del processo di liberalizzazione vi è stata un’azione congiunta tra spinte propulsive impresse dalle Autorità monetarie, particolarmente in Italia, ed effetti delle Direttive Comunitarie.

(Cesare Geronzi)

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