“Intesa Sanpaolo - assieme a UniCredit - è il risultato del più compiuto processo di riaggregazione e privatizzazione del sistema bancario mai realizzato nell'Unione europea e nell'Eurozona. Intesa, in particolare, ha combinato la trazione di grandi istituti pubblici (Cariplo e Sanpaolo Torino), di grandi banche private come Comit e Ambroveneto, di un gigante statale dei finanziamenti industriali come l'Imi. Il gruppo presieduto da Giovanni Bazoli e pilotato dal Ceo Corrado Passera - al pari di UniCredit - ha attraversato la crisi finora senza necessità di aiuti pubblici. Anche per questo ha sofferto molto sul versante della quotazione in Borsa del titolo, che resta ancora al di sotto della metà dei livelli pre-crisi. Ed è - comprensibilmente ma in fondo paradossalmente - per questa ragione che Moody's ha messo sotto osservazione il suo rating assieme a quello di tutte le 21 maggiori banche italiane: la capacità di reggere con mezzi propri alla violenza della crisi è giudicata con più cautela rispetto al disinvolto ricorso per alcuni mesi al "pronto soccorso" degli aiuti pubblici.
La pesante svalutazione di Borsa del titolo Intesa Sanpaolo è stata d'altronde alla base della controversa decisione del Credit Agricole di vincolare il suo pacchetto (5,4%) a quello delle Generali (5%). Il "patto di consultazione" (un accordo parasociale particolarmente leggero) ha consentito al gruppo francese di mantenere la qualifica di "stabile, strategica" alla sua quota, evitando l'intero abbattimento del valore in bilancio (1 miliardi di euro). L'Antitrust italiano ha però eccepito di non poter accogliere nessuna deroga al piano approvato tre anni fa, quando fu decisa la fusione fra Intesa e Sanpaolo. Allora il Credit Agricole (non del tutto favorevole) fu "risarcito" con la cessione del gruppo CariParma, obbligandosi tuttavia a non aver più alcuna voce in capitolo in Intesa-Sanpaolo. Anche le Generali, dal canto loro, soffrirono una limitazione nella portata dalla loro alleanza "bancassicurativa" (distribuzione di prodotti assicurativi e di risparmio) presso l'intera rete Intesa. Il gruppo (che in passato era stato sempre governato da patti di sindacati rigidi, guidati da Bazoli) era così rimasto una "public company", con un solido presidio di fondazioni italiane (Cariplo, Sanpaolo, Cassa Padova, Cassa Bologna, Cassa Firenze) forti oggi del 25% circa della banca, ma senza collegamenti organici tra loro o con il gruppo Zaleski (che ha il un altro 5%). Sull'altro versante, Generali manteneva la sua posizione mista e l'Agricole la sua distinta situazione di "investitore finanziario".” (Il Sussidiario)
mercoledì 15 luglio 2009
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